Categoria: Comunicati
Striscioni e manifesti
Comunicato stampa del 26 giugno 2020
Nei giorni scorsi I muri della città si sono riempiti di manifesti
“artistici”. Una scelta culturale per poter coprire i manifesti del
lockdown pandemico con una grafica nuova, stud
iata, bella. Forte la voglia di dimenticare e passare oltre, di ritornare alla normalità cancellando la realtà. Si smontano costosi ospedali da campo. Ci si chiede che cosa fare di costose astronavi sanitarie intanto che ci si libera degli scafandri, si dimen
ticano gli eroi sanitari i quali tornano all’eroica quotidiana assistenza fatta di tagli di posti letto, personale, risorse. Quasi non si riesce a capire perché l’Italia sia stata squassata da una delle peggiori pandemie degli ultimi decenni. Il solito chia
cchierone di Milano dà la colpa alla fatalità. Qualcuno invece alza il dito accusatore contro una classe politica tutta incapace. Altri ricordano la vendita del welfare italiano sul mercato del profitto privato e del clientelismo p
olitico. La chiacchierona di Roma fa il suo tour elettorale promettendo cose. I chiacchieroni locali, pure. Intanto intere famiglie non sanno come andare avanti, hanno finito i soldi, perso il lavoro. Ma per i signori dei palazzi italiani non è successo niente, e la m
emoria del corpo elettorale è breve e pronta a farsi suggestionare da
chi urla di più, da chi promette di più. Da chi fa tutto e il suo contrario. Se ci saranno prossime ondate epidemiche, certo è che il coronavirus continuerà a trovare terreno fertile per svilupparsi in un paese malato di memoria, storica e politica. Per questo abbiamo pensato che riportare alla luce dei manifesti vecchi di sette anni fa, che parlavano di tagli alla salute pubblica, la cui attualità è, purtroppo, evidente, possa essere un atto di accusa contro chi ha reso più fragile la società italiana, debole nei confronti del virus, inerme verso il profitto privato che le ruba futuro e vita. Da sabato, sui muri di Jesi, assieme a manifesti da brand festival, ci saranno manifesti belli di politica.
F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana
Sez. “M. Bakunin” – Jesi
Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle
Circolo Studi Sociali “Ottorino Manni” – Senigallia
Nell’ultimo numero dell’osservatorio la pandemia in corso era agli inizi della sua virulenza nel paese, ma già dal mese di Febbraio erano centinaia solo nella regione Marche i sanitari in isolamento, sono arrivati al 30 aprile a 1124. In regione sono rimasti contagiati 558 sanitari, di cui 3 sono morti, secondo quanto ha riferito Ceriscioli (16 aprile). Nell’azienda ospedaliera Marche Nord (Pesaro/Urbino) ,la provincia più colpita, non c’è stato alcun decesso tra il personale in servizio: contagiati 71 infermieri, 31 medici, 14 operatori socio sanitari e altri 15 addetti (131 in totale).
All’ospedale di Urbino inizialmente classificato dai dirigenti sanitari regionali no Covid per la provincia, sono 80 gli operatori tuttora infetti. in questi numeri non vengono compresi probabilmente tutti i lavoratori dei “servizi” legati all’assistenza della persona, tutte quelle lavoratrici e lavoratori che preparano pasti,puliscono pavimenti,educatori etc.. inseriti in cooperative e spesso con le più variegate forme contrattuali a ribasso.
Come anche i lavoratori in strutture per anziani appaltate, dove è evidente che la non disponibilità di D.P.I., per una mancata previsione del rischio, oltre che per la scarsità durante l’emergenza in atto ha causato centinaia di vittime inermi tra gli ospiti e svariati contagi tra il personale e di conseguenza le loro famiglie e la cittadinanza tutta. Il sistema produttivo regionale ha inizialmente rallentato senza mai realmente fermasi con l’aumento dei contagi,anche in una situazione mai vista negli ultimi decenni, migliaia di lavoratori hanno continuato a portare avanti il lavoro che svolgono tutti i giorni, solo con un rischio in più oltre ai soliti , con la carenza di D.P.I. e senza delle direttive precise per il lavoro in sicurezza per se e per gli altri.
Questo è diventato concausa dell’altro numero di contagi, rendendo le strutture sanitarie su cui si riversavano dopo la messa in quarantena dei medici di base ( 7 in provincia di Pesaro dopo solo 7 giorni dal primo caso, lasciando i 10.000 pazienti seguiti senza riferimenti sul territorio ) centri di diffusione del virus. Se la pandemia ha portato il numero di morti e contagiati sui posti di lavoro in ambito sanitario RSA ,case per anziani a numeri mai visti, non ha azzerato gli infortuni in tutti gli altri settori, tra chi ha continuato a lavorare purtroppo nelle Marche ci sono stati 2 morti e 4 feriti riportati dai mezzi di informazione nella tempesta di notizie riguardanti la pandemia che satura le fonti per mesi.
La situazione attuale vede il 50% delle attività produttive in provincia di Pesaro Urbino già al lavoro prima della cosi detta “fase2 ”, molte realtà produttive, quelle più sindacalizzate, sono state fermate nella loro arroganza di mettere il profitto davanti alla salute da scioperi di lavoratori stanchi di andare in produzione nonostante la paura e le incertezze anche sul la semplice modalità di comportarsi di fronte a contagiati in famiglia, mancanza di tamponi che certifichino sintomi e disorganizzazioni varie, tra cui la possibilità di ottenere il riconoscimento di infortunio anziché malattia con ben diversi livelli retributivi.
Marzo – Aprile – 1124 operatori sanitari in isolamento, (15 aprile) – 558 operatori sanitari contagiati, 3 operatori sanitari morti
16 marzo – Jesi – camion di pollame si ribalta ferite le due persone a bordo
18 marzo – Ancona – operaio 30enne si schiaccia una mano sotto un carico di ferro operato d’urgenza
22 marzo – Montegiorgio – muore il 65 enne che si era ribaltato con il trattore 2 giorni fa ed era stato rianimato sul posto dai sanitari dell’elisoccorso
23 aprile – Ancona – conducente di autobus di linea ferito in un incidente
27 aprile – Pioraco – muore nel tragitto di ritorno a fine turno di lavoro una dipendente dell’azienda di pizze surgelate svila di 27 anni (incinta)
A cura del Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” di Jesi
25 Aprile 2020
Come compagne e compagni del Fabbri di Jesi saremo nella piazza virtuale di questo 25 aprile, allo stesso modo con il quale partecipiamo alla vita reale della società in cui viviamo e lottiamo, per cambiarla, farla più equa e libera da gerarchie economiche, culturali e politiche di sorta. Il giorno della Liberazione torna a parlare di resistenza, più che mai sentita e partecipata contro paure e lutti, sofferenze e miserie, in un filo rosso di solidarietà che lega tutte e tutti, e già nella diversità costruisce il futuro condiviso di un domani di giustizia sociale. Resistere alla pandemia oggi, è già rivendicare un futuro senza le malattie del passato.
Resistere oggi, rivendicare domani.
Nulla sarà più come prima. L’ottimismo è d’obbligo per superare queste settimane; la ragione ed i sentimenti, pure.
Nell’incertezza angosciante alimentata dalle locandine scandalistiche dei quotidiani e dalle bufale sui social, alcuni elementi risaltano: 1) la voglia di informazione e sostegno reciproco prevalgono sugli egoismi e le meschinerie; 2) le chiacchiere urlate per riempire il vuoto della politica non trovano lo stesso spazio del passato recente.
Alla Giorgia italiana è stato ricordato che il silenzio è d’oro, a riprova poi della perdita dei consensi del capitone padano trascinato in basso anche dall’operato (e dal parlato) dei suoi governatori.
Alla stessa maniera mostra tutta la sua vacuità chi si affanna a fare comunicati per lanciare i suoi j’accuse, e chi aspetta il domani convinto che le sue verità finalmente trionferanno, o chi resta chiuso nelle sicurezze fasulle delle verità condivise sui social.Quello che si costruisce oggi, servirà per domani.
Oggi nella maggior parte dei casi si aspetta, si spera, si resiste, in un sentore comune della gravità della situazione che accomuna chi sta a casa e chi continua a lavorare per mandare avanti la baracca. La baracca nostra, delle nostre vite, non quella del profitto, scambiato con la sicurezza della propria salute) di cui se ne hanno le tasche piene.Sono le pratiche partecipate ed i sentimenti onesti, le idee argomentate e le relazioni inclusive che permettono di andare avanti, senza bisogno né di legittimazioni dall’alto né di controinformazione dal basso.
Tutto questo serve oggi, e servirà domani per ricostruire una società più giusta. Servono gli scioperi improvvisati e le denunce dei lavoratori, il grido di dolore dei carcerati e dei sanitari, la solidarietà e la disciplina di classe di tutti contro la diffusione del virus. La determinazione, ed anche la disperazione, di oggi, serviranno per rivendicare diritti e garanzie domani. Il resto sono chiacchiere da bar, da talk show, da chat.
FAI – Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle