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Sab 25 luglio. Con la maschera, ma a bocca aperta.

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Dal Fondo ..del barile – controinformazione

  1. “La piccola Torino”

Jesi…

come spaccato di un paese che vive un limbo economico in cui il ceto medio cerca di puntellare i propri averi scendendo in politica e a volte in piazza, animato più dalla paura e e dalla xenofobia che da altro, è ben lontano dall’essere capace di equità e sensibilità verso gli oppressi, i diversi, sempre più verso la concorrenza sul lavoro, l’esclusivismo e l’indifferenza verso chi vive le medesime condizioni. Un potente anestetico che paralizza la lotta di classe e incanala le insofferenze verso un nemico astratto e lontano facendo perdere di vista i problemi reali della vita quotidiana:

niente lavoro,

neanche con il pacchetto Jesi in progress, già avviato e utilizzato da JesiAmo come programma politico per la prossima tornata elettorale, il quale non si fermerebbe di certo con la dipartita dell’attuale giunta perché il gruppo Maccaferri ha voluto investire sul progetto e di certo aspetterà guadagni. Il programma prevede il risanamento dell’economia Jesina creando poli attrattivi (l’ex-Sadam ad esempio) per i nuovi capitali distribuiti, ovvero giovani creativi che decidono di investire su se stessi avviando start-ups che, se trovano il mercato giusto , poi devono appaltare la produzione seriale a fabbriche fuori zona, dove il costo della manodopera è minimo. Una farsa di neo-industrializzazione che richiede pochi lavoratori, e altamente specializzati in … precarietà totale. E’ la stessa visione economica che esalta il mercato del turismo, soluzione spesso proposta per risolvere i problemi del Bel Paese, ma che alle ultime ruote del carro non porta altro che lavoro sottopagato e stagionale. E’ il risultato di una politica al servizio dei potenti che non vuole né diritti

né servizi

minimi, a causa della progressiva destrutturazione di tutti i settori assistenziali in favore del profitto delle aziende private, a discapito di chi fa la fila al Pronto Soccorso, o chi lavora il doppio per mancanza di assunzioni – a metà stipendio si intende – con un continuo scarica barile fra città, regione e governo centrale su chi è responsabile di tagli di ogni tipo. Di fronte a questo la sinistra istituzionale, cerca di opporsi, ma in realtà non è in grado di mettere in discussione la struttura sfruttatrice, e alla fine ogni campagna si risolve con il rito dell’ennesima richiesta di consenso elettorale, noncurante dell’inesistenza del tessuto sociale a cui si rivolge, anche perché Noi sfruttati, delle urne elettorali, non sappiamo che farcene. Solo con la solidarietà quotidiana tra chi è ultimo, possiamo rimanere a galla tutti, dare voce a speranze e rivendicazioni, ricostruire e sperare in una società più giusta. Una società organizzata dal basso, aperta, che ai potenti in cerca di poltrone sbatte in faccia la realtà di fronte ai progetti fasulli che non servono a

nessuna città.

2. “No alla guerra permanente”

Non serve a nessuno un conflitto mondiale. Gli effetti suscitati già bastano e avanzano a chi avrebbe interesse a farlo scoppiare.


Sui media e sui social non si fa altro che parlare di attentati terroristi e tensioni internazionali. In Italia l’attuale governo cerca di intercettare paura e angoscia per strappare consensi a destra con Minniti ed il suo decreto che di fatto mina la libertà di chi è “colpevole” di far parte di ceti meno abbietti, dimostrando ancora una volta che la guerra fra e verso gli ultimi è sempre conveniente per chi finanzia populismi, nazionalismi, integralismi e paure di massa: ottimi mercati per chi vende armi e ricava profitti dalla limitazione delle libertà.


I grandi capitali si spostano meglio degli uomini e dei diritti. I primi arrivano e chiudono le frontiere ai profughi e spostano l’occupazione dove ci sono stipendi più bassi, sovvenzioni statali, detassazione e assenza di tutele e impunità a devastare territori e comunità.


Il connubio tra Stato e Capitale beatifica guerre civilizzatrici e aumenti di spese militari (23,3 mld. di euro per il 2017), mentre istruzione, welfare, sanità, previdenza scompaiono sotto continui e pesanti tagli che ormai non destano più proteste efficaci.

Più facile prendersela con gli stranieri o chi rovista nei cassonetti, con gli europei o con i britannici, ma intanto la Brexit la pagheranno i proletari sia della UE sia dell’UK. Quello che dovrebbe essere il primo strumento di democrazia partecipativa, il referendum, ha appena legittimato il montare della dittatura in Turchia. Del resto non che in Italia fra referendum per l’acqua pubblica e contro le trivelle, le cose siano andate proprio bene.
Alla fine quello che si presenta in prossimità della festa del 25 Aprile è un quadro nazionale e internazionale fortemente sbilanciato verso un orizzonte privo di libertà, diritti, speranze … futuro. Un quadro fatto di menzogne e presidenti come maschere tragiche del potere, di venditori di fumo della rete e di angosce complottiste, di guerre fra bande parlamentari e disillusioni di ogni genere. Un brutto quadro che forse è meno forte di quanto si creda, dove il potere teme comunque una qualsiasi forma di organizzazione politica o sindacale dal basso, ogni singola o collettiva protesta e denuncia, fino al più minimo anelito di libertà.

Ed allora, per non cedere al ricatto della paura e alla disperazione della miseria, è ora di alzare la voce e di alzarsi a difesa dei diritti degli sfruttati.

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana

Sez. “M. Bakunin” – Jesi                  

Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle           

link al pdf: DalFondoAprile2017

 

 

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controinfo volantino

Referendum 2016

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Barricate di carta (costituzionale)…

Nelle prossime settimane si intensificherà ulteriormente la campagna referendaria di una riforma che interessa la carta costituzionale, ma nella sostanza assume molti altri significati. La vittoria del SI non rappresenterà nell’immediato la fine della democrazia italiana, ma darà il via libera ad un sistema di regole ancora più complicato ed elitario che peggiorerà la trasparenza governativa e politica, senza porre alcun freno a sprechi di palazzo e auto blu. La vittoria del Si sicuramente farà sentire il Governo Renzi ancor più legittimato a proseguire nella destrutturazione del sistema Italia a favore delle classi privilegiate.

L’inesistente opposizione (che di fatto non riesce a produrre alcun contrasto alla politica governativa, manco il più piccolo compromesso di sorta) spera in una vittoria del No che la legittimi a gridare al voto anticipato sperando di arrivare a sostituire Renzi. Favoriti in questo i pentastellati e i trasfughi forzitalioti con vecchi e nuovi fascisti (Meloni e Salvini). A tutti questi della carta costituzionale non glie ne po’ fregà di meno. Sullo sfondo volano gli stracci della guerra fra bande all’interno del PD e di una sinistra che oggi più che mai è un fantasma in Europa.

Resta il referendum che, se serve, può essere uno strumento politico di pressione e cambiamento. Può, ma gli esiti del referendum sull’acqua in Italia, contro i migranti in Ungheria, o per le Farc in Colombia, ed anche la Brexit inglese, la dicono lunga sull’istituto “democratico” di una consultazione sempre più manovrata e sempre mena partecipata.

Un quadro abbastanza perdente, per la classe operaia, per gli sfruttati, per gli ultimi e per i migranti di ogni sorta, sia con la vittoria del Si sia con quella del No. Se potessero votare, gli sfruttati di ogni tipo, voterebbero per un referendum che garantisca lavoro, diritti, reddito, salute, istruzione, trasporti pubblici etc. Voterebbero per un sistema di welfare che non c’è più e contro un liberismo che avanza incontrastato. Ma se ciò fosse possibile con il semplice voto, allora le elezioni sarebbero proibite e i referendum truccati. O viceversa.

Ci piacerebbe poter dare indicazione di astenersi, ma non avrebbe alcun significato politico se non quello di una semplice denuncia di un sistema corrotto e gerarchico che è noto a tutti, mentre la realtà che domina un quadro politico impoverito, vede comunque l’arroganza fatta potere che aspetta con il Si una ulteriore legittimazione ai suoi job act e ai suoi fertility day. Per gli altri, per chi vuole ritrovare e ricomporre, ricostruire e ripartire è necessario che al di là di proclami catastrofisti si inizi a vedere percorsi di lotta sociale e politica che restituiscano il mal tolto, la dignità gli anni di vita e di lavoro, di pensione e di salute rubati. Un No urlato unicamente nelle urne rischia di creare un silenzio assordante della conflittualità sociale che invece ha bisogno di far sentire la sua voce.

… oppure difendere la carta con le barricate?

E’ chiaro che l’approvazione (tramite la vittoria del “Sì” al referendum del 4 dicembre) da parte dell’opinione pubblica dell’operato del governo legittimerebbe e velocizzerebbe quest’ultimo nel processo di adattamento dell’economia nazionale – e del mondo del lavoro – alle attuali dinamiche del Mercato internazionale.

E’ utile ricordare che “flessibilità”, “adattamento”, “adeguamento”, per i lavoratori significa dover essere sempre alla ricerca di un posto di lavoro, entrando in concorrenza con gli altri. Per i ragazzi vuol dire competere con chi ha molta più esperienza nel settore, viceversa per i meno giovani vuol dire perdere il lavoro e non poter più inserirsi a causa dell’età. Insomma una guerra fra poveri che sta già dando i suoi frutti: lo scoramento totale della classe lavoratrice, che non ha saputo rispondere efficacemente all’annientamento dei propri diritti sindacali, e la persistenza di insicurezza e paura che favoriscono ulteriormente confusione, individualismo e razzismo.

Per Renzi ed il suo governo significa invece l’apertura dell’Italia agli imprenditori esteri, e alla facile inaugurazione di nuove attività imprenditoriali per i giovani: tutti noi possiamo quotidianamente constatare come nuovi negozi, fantasmagoriche Startup vengono lanciate, spesso con l’investimento dei risparmi di famigliari e amici, e dopo pochi mesi scompaiono lasciando spazio a vetrine vuote in attesa che qualcun altro tenti la fortuna. Come offrire carne fresca agli avvoltoi sull’altare del libero mercato.

Ma d’altronde quante volte la Costituzione non ci ha difeso laddove invece me avevamo bisogno? Quante volte la giustizia tanto decantata sulla carta non è stata rispettata, ma bensì corrotta, rimaneggiata da chi può permettersi avvocati migliori, senza nemmeno il bisogno di cambiare una virgola di quanto c’era scritto?

Di sicuro non è il fatto che si sono schierati insieme alla sinistra anche Lega Nord, partiti di destra, neofascisti (l’ironia della sorte!), e Movimento Cinque Stelle che possa far desistere dal votare per il “NO”, ma bensì perché se la carta non ci ha protetto finora, di certo proteggerla comporterebbe un grande spreco di risorse che invece possiamo impiegare scendendo nelle piazze, uniti, per riottenere i diritti persi, per la libertà, il lavoro e la giustizia sociale.

Anche questo Referendum alla fine ci cade addosso, e in un modo o nell’altro, produrrà gli stessi risultati negativi delle politiche di governo fatte in questi ultimi anni a scapito degli sfruttati. Almeno finché gli stessi sfruttati non riusciranno a giocare contro e non più con le regole del potere.
 


F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi                    
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle             
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controinfo volantino

Je ne suis plus Charlie?

Un viso, una tragedia l’immagine di un bambino di una città distrutta dal terremoto, o dai bombardamenti di una guerra o dall’orrore di vedere i suoi cari affogare in mare.
Quanto pesano le morti per essere Charlie quando si tratta di dire male dei musulmani e quanto è inopportuno Charlie che ci ricorda che siamo un paese governato dal malaffare, nel migliore dei casi.
L’ipocrisia regna nel culto tutto religioso del dolore e dà la precedenza a chi è italiano e si dimentica di chi è umano. Grida di orrore per una calamità e silenzio assordante per gli omicidi bianchi del profitto liberista.
E poi ci si dimentica tutto per essere pronti a lanciarsi contro l’ennesima campagna di qualche politico o ministro degno solo di una televendita di bassa categoria. Per difendere e conquistare i diritti, lottare per la giustizia, organizzare una società migliore c’è ancora molto da fare.
Non c’è bisogno di aspettare referendum vari, basta alzarsi e spegnere media che vomitano menzogne e violentano umanità, e per ogni parola scritta sui social ne corrispondano dieci urlate in piazza, nelle scuole, nelle città.

F.A.I – Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle


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Terremoto



















La natura causa disgrazie, l’uomo peggio.
Dicono che ad Amatrice, fra le rovine causate dal sisma, si aggirino degli sciacalli. Fuori, in giro per l’Italia, sulle poltrone del potere, politico ed economico, di sciacalli ce n’è sono branchi interi. Le scempiaggini razziste e fasciste comparse in rete a commento delle disgrazie provocate dal terremoto sono una vergogna, assieme all’inefficienza istituzionale di fare prevenzione e alla solidarietà pelosa di chi politicamente è solo bravo a strumentalizzare le tragedie umane. Pietà per quel paese che ha bisogno di eroi e di vittime, noi abbiamo bisogno di un ambiente libero da speculazioni e speculatori, che non soffochi la natura che lo circonda e non rimanga soffocato dalle macerie del profitto. I valori e i sentimenti, la partecipazione e la compassione, dimostrate da chi scava con le mani e passa le notti al freddo, sono le risorse per una società migliore. In quelle noi crediamo e combattiamo chi ne vuol fare uno spot commerciale o politico.

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
Sez. “M. Bakunin” Jesi                      
Sez. “F. Ferrer” Chiaravalle