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Post-Referendum

Passato il teatrino referendario…
I risultati del referendum parlano chiaro. In controtendenza con la disaffezione elettorale registrata un po’ ovunque, l’affluenza alle urne risulta – in Italia – essere quasi un 70%. Inoltre un terzo degli italiani boccia il governismo arrogante di Renzi, che però trova un appoggio blindato alle sue riforme di quasi 13,5 milioni di voti. Un capitale politico che il PD cercherà di investire da subito. A differenza di quello che potranno fare i “vincitori del No” i quali, oltre il richiamo alle elezioni anticipate, altro non producono sul piano delle garanzie sociali, senza far leva sui facili temi del razzismo e della guerra fra poveri.
Per quello che riguarda la costituzione più bella del mondo, già svenduta da guitti televisivi e disattesa da sempre dal padronato, ha rimandato solo di qualche anno un suo ridimensionamento autoritario. Alla fine restano gli sfruttati, i proletari, i lavoratori, i vecchi, i malati, i disoccupati, i giovani, le donne, i migranti etc. etc, insomma tutti coloro che rappresentano le fasce più deboli di questa società iper-liberista e per niente garantista.
Con o senza Renzi rimarrà il Job act che destruttura il lavoro e non ha permesso alcun aumento dell’occupazione, mentre dilagano i voucher, titoli di pagamento dello schiavismo  versione terzo millennio. La sinistra di classe e istituzionale, festeggia la vittoria dei No e spera, al pari di Lega, Forza Italia e M5S di aver una moneta politica da spendere, dimenticandosi che è da troppo tempo assente dalle piazze e dai cuori della conflittualità politica e sindacale. E la ggente che oggi ha bocciato l’arroganza renzista e teme per i propri diritti sindacali e previdenziali, per la salute e l’istruzione pubblica, riesce a farsi movimento se non per… cacciare immigrati e poveri.
Chiara è la consapevolezza che le forze politiche in Italia – tutte –  si giocheranno il risultato referendario come biglietto di presentazione per ottenere dai poteri economici la delega alle poltrone del potere. Lo schiaffo referendario a Renzi non deve distogliere, chi vuole una società più giusta, dal mobilitarsi per bloccare l’erosione dei diritti sociali, combattere i privilegi di classe, conquistare spazi di garanzie e di tutele civili e politiche. A Grillo e Salvini, Meloni e Alfano, Verdini, Renzi, D’Alema e tutti gli altri che si propongono come garanti del sistema, vanno contrapposti gli interessi della classe operaia, dei più deboli, fuori dai teatrini della politica istituzionale, dentro la solidarietà e l’autorganizzazione degli sfruttati. Contro i profitti capitalisti e l’arroganza gerarchica del potere …
… riprendiamoci i diritti con le lotte


F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
Sez. “M. Bakunin” – Jesi                   
Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle            

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controinfo volantino

Referendum 2016

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Barricate di carta (costituzionale)…

Nelle prossime settimane si intensificherà ulteriormente la campagna referendaria di una riforma che interessa la carta costituzionale, ma nella sostanza assume molti altri significati. La vittoria del SI non rappresenterà nell’immediato la fine della democrazia italiana, ma darà il via libera ad un sistema di regole ancora più complicato ed elitario che peggiorerà la trasparenza governativa e politica, senza porre alcun freno a sprechi di palazzo e auto blu. La vittoria del Si sicuramente farà sentire il Governo Renzi ancor più legittimato a proseguire nella destrutturazione del sistema Italia a favore delle classi privilegiate.

L’inesistente opposizione (che di fatto non riesce a produrre alcun contrasto alla politica governativa, manco il più piccolo compromesso di sorta) spera in una vittoria del No che la legittimi a gridare al voto anticipato sperando di arrivare a sostituire Renzi. Favoriti in questo i pentastellati e i trasfughi forzitalioti con vecchi e nuovi fascisti (Meloni e Salvini). A tutti questi della carta costituzionale non glie ne po’ fregà di meno. Sullo sfondo volano gli stracci della guerra fra bande all’interno del PD e di una sinistra che oggi più che mai è un fantasma in Europa.

Resta il referendum che, se serve, può essere uno strumento politico di pressione e cambiamento. Può, ma gli esiti del referendum sull’acqua in Italia, contro i migranti in Ungheria, o per le Farc in Colombia, ed anche la Brexit inglese, la dicono lunga sull’istituto “democratico” di una consultazione sempre più manovrata e sempre mena partecipata.

Un quadro abbastanza perdente, per la classe operaia, per gli sfruttati, per gli ultimi e per i migranti di ogni sorta, sia con la vittoria del Si sia con quella del No. Se potessero votare, gli sfruttati di ogni tipo, voterebbero per un referendum che garantisca lavoro, diritti, reddito, salute, istruzione, trasporti pubblici etc. Voterebbero per un sistema di welfare che non c’è più e contro un liberismo che avanza incontrastato. Ma se ciò fosse possibile con il semplice voto, allora le elezioni sarebbero proibite e i referendum truccati. O viceversa.

Ci piacerebbe poter dare indicazione di astenersi, ma non avrebbe alcun significato politico se non quello di una semplice denuncia di un sistema corrotto e gerarchico che è noto a tutti, mentre la realtà che domina un quadro politico impoverito, vede comunque l’arroganza fatta potere che aspetta con il Si una ulteriore legittimazione ai suoi job act e ai suoi fertility day. Per gli altri, per chi vuole ritrovare e ricomporre, ricostruire e ripartire è necessario che al di là di proclami catastrofisti si inizi a vedere percorsi di lotta sociale e politica che restituiscano il mal tolto, la dignità gli anni di vita e di lavoro, di pensione e di salute rubati. Un No urlato unicamente nelle urne rischia di creare un silenzio assordante della conflittualità sociale che invece ha bisogno di far sentire la sua voce.

… oppure difendere la carta con le barricate?

E’ chiaro che l’approvazione (tramite la vittoria del “Sì” al referendum del 4 dicembre) da parte dell’opinione pubblica dell’operato del governo legittimerebbe e velocizzerebbe quest’ultimo nel processo di adattamento dell’economia nazionale – e del mondo del lavoro – alle attuali dinamiche del Mercato internazionale.

E’ utile ricordare che “flessibilità”, “adattamento”, “adeguamento”, per i lavoratori significa dover essere sempre alla ricerca di un posto di lavoro, entrando in concorrenza con gli altri. Per i ragazzi vuol dire competere con chi ha molta più esperienza nel settore, viceversa per i meno giovani vuol dire perdere il lavoro e non poter più inserirsi a causa dell’età. Insomma una guerra fra poveri che sta già dando i suoi frutti: lo scoramento totale della classe lavoratrice, che non ha saputo rispondere efficacemente all’annientamento dei propri diritti sindacali, e la persistenza di insicurezza e paura che favoriscono ulteriormente confusione, individualismo e razzismo.

Per Renzi ed il suo governo significa invece l’apertura dell’Italia agli imprenditori esteri, e alla facile inaugurazione di nuove attività imprenditoriali per i giovani: tutti noi possiamo quotidianamente constatare come nuovi negozi, fantasmagoriche Startup vengono lanciate, spesso con l’investimento dei risparmi di famigliari e amici, e dopo pochi mesi scompaiono lasciando spazio a vetrine vuote in attesa che qualcun altro tenti la fortuna. Come offrire carne fresca agli avvoltoi sull’altare del libero mercato.

Ma d’altronde quante volte la Costituzione non ci ha difeso laddove invece me avevamo bisogno? Quante volte la giustizia tanto decantata sulla carta non è stata rispettata, ma bensì corrotta, rimaneggiata da chi può permettersi avvocati migliori, senza nemmeno il bisogno di cambiare una virgola di quanto c’era scritto?

Di sicuro non è il fatto che si sono schierati insieme alla sinistra anche Lega Nord, partiti di destra, neofascisti (l’ironia della sorte!), e Movimento Cinque Stelle che possa far desistere dal votare per il “NO”, ma bensì perché se la carta non ci ha protetto finora, di certo proteggerla comporterebbe un grande spreco di risorse che invece possiamo impiegare scendendo nelle piazze, uniti, per riottenere i diritti persi, per la libertà, il lavoro e la giustizia sociale.

Anche questo Referendum alla fine ci cade addosso, e in un modo o nell’altro, produrrà gli stessi risultati negativi delle politiche di governo fatte in questi ultimi anni a scapito degli sfruttati. Almeno finché gli stessi sfruttati non riusciranno a giocare contro e non più con le regole del potere.
 


F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi                    
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sui muri volantino

Aborto: le proteste polacche e la sconfitta italiana





Nel mese di ottobre le piazze polacche sono tornate a riempirsi di manifestanti. Oltre 100.000 persone si sono mobilitate per protestare contro una proposta di legge ad iniziativa popolare presentata con 450.000 firme e passata alla prima camera. Se la legge vigente permette l’aborto solo in caso di grave pericolo per la salute della donna incinta, di gravi malformazioni al feto, o se la gravidanza è dovuta a stupro o incesto, il nuovo testo avrebbe consentito l’aborto solo nei casi di pericolo diretto per la vita della madre. La proposta di legge approvata in prima battuta è stata poi respinta, in seguito alle manifestazioni di massa, ma probabilmente lo scenario di conflitto sociale si riproporrà presto, basti considerare che in Polonia secondo i dati ufficiali (sistema sanitario polacco)nel 2014 ci sarebbero stati 1.812 aborti legali (circa 500 in più rispetto al 2013) mentre secondo le organizzazioni femministe,sarebbero tra le 100 e le 200mila, e donne polacche costrette a all’aborto clandestino o ad abortire all’estero. In un paese a maggioranza cattolica, molti sono i medici obiettori di coscienza, del resto così come in Italia, in cui l’obiezione è divenuta una pratica talmente frequente che nei fatti in alcune zone è impossibile abortire, e molte donne per portare avanti la propria decisione devono abortire fuori provincia, cosa ancora più difficile se si è minorenni e si vuole mantenere segreta la scelta a famigliari ed amici. Come sempre, diritti conquistati con le lotte di piazza, una volta scritti sulla carta, non sono garanti delle proprie libertà.
F.A.I Federazione Anarchica Italiana
Sez. “M. Bakunin” Jesi 

Sez. “F. Ferrer” Chiaravalle

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Ucciso per profitto

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Non è la prima volta nel settore della logistica che un lavoratore viene istigato dai propri dirigenti a lanciarsi contro un picchetto col proprio camion. Qualche mese fa, sempre davanti ad un magazzino Gls, è successo un fatto analogo; solo per fortuna non ci sono stati morti o feriti.

Invece questa volta è morto un operaio.
Abd Elsalam Eldamt è stato assassinato mentre lottava insieme agli altri suoi compagni per migliorare le condizioni in cui sono costretti a vivere i lavoratori del logistico, tra soffitti che perdono acqua e paghe da fame, perchè si ha ancora bisogno degli operai (precari e malpagati) per trasportare le merci ormai prodotte lontane dal mondo in cui viviamo.
I soprusi alla classe operaia esistono ancora, anche se nascosti bene agli occhi dei consumatori, e le lotte, la solidarietà legate ad essa vengono constantemente screditate, fagocitate dall’apparato mediatico e dalle istituzioni, oppure represse nel più profondo silenzio stampa.
In questo caso, come tante volte è accaduto, Stato e Capitale si danno man forte per ricostruire a proprio piacimento la vicenda, affermando che in quel momento non era in atto nessun presidio o blocco disposto dagli operai Seam (appaltata Gls), quando invece erano presenti anche agenti di pubblica sicurezza sul luogo tanto che inizialmente avevano affermato di aver tentato di fermare il camionista. Un accaduto che ora viene negato.
Mentre vengono organizzate iniziative di solidarietà e scioperi di protesta, numerose e sterili espressioni di cordoglio vengono twittate da CGIL e alte cariche dello Stato, ritrasmesse fino all’ossessione dalla televisione. E’ successo così anche per Amatrice, succederà lo stesso per i prossimi omicidi di Stato e Padronato, forse perché si sta attraversando un periodo di grande disinteresse e disunità fra gli sfruttati e di conseguenza le risposte alle provocazioni di chi sfrutta non possono che essere isolate, disgregate. Ricostruire reti di solidarià dal basso e riconquistare i propri diritti rimangono le lotte di oggi.
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Je ne suis plus Charlie?

Un viso, una tragedia l’immagine di un bambino di una città distrutta dal terremoto, o dai bombardamenti di una guerra o dall’orrore di vedere i suoi cari affogare in mare.
Quanto pesano le morti per essere Charlie quando si tratta di dire male dei musulmani e quanto è inopportuno Charlie che ci ricorda che siamo un paese governato dal malaffare, nel migliore dei casi.
L’ipocrisia regna nel culto tutto religioso del dolore e dà la precedenza a chi è italiano e si dimentica di chi è umano. Grida di orrore per una calamità e silenzio assordante per gli omicidi bianchi del profitto liberista.
E poi ci si dimentica tutto per essere pronti a lanciarsi contro l’ennesima campagna di qualche politico o ministro degno solo di una televendita di bassa categoria. Per difendere e conquistare i diritti, lottare per la giustizia, organizzare una società migliore c’è ancora molto da fare.
Non c’è bisogno di aspettare referendum vari, basta alzarsi e spegnere media che vomitano menzogne e violentano umanità, e per ogni parola scritta sui social ne corrispondano dieci urlate in piazza, nelle scuole, nelle città.

F.A.I – Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle