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Nelle prossime settimane si intensificherà ulteriormente la campagna referendaria di una riforma che interessa la carta costituzionale, ma nella sostanza assume molti altri significati. La vittoria del SI non rappresenterà nell’immediato la fine della democrazia italiana, ma darà il via libera ad un sistema di regole ancora più complicato ed elitario che peggiorerà la trasparenza governativa e politica, senza porre alcun freno a sprechi di palazzo e auto blu. La vittoria del Si sicuramente farà sentire il Governo Renzi ancor più legittimato a proseguire nella destrutturazione del sistema Italia a favore delle classi privilegiate.
L’inesistente opposizione (che di fatto non riesce a produrre alcun contrasto alla politica governativa, manco il più piccolo compromesso di sorta) spera in una vittoria del No che la legittimi a gridare al voto anticipato sperando di arrivare a sostituire Renzi. Favoriti in questo i pentastellati e i trasfughi forzitalioti con vecchi e nuovi fascisti (Meloni e Salvini). A tutti questi della carta costituzionale non glie ne po’ fregà di meno. Sullo sfondo volano gli stracci della guerra fra bande all’interno del PD e di una sinistra che oggi più che mai è un fantasma in Europa.
Resta il referendum che, se serve, può essere uno strumento politico di pressione e cambiamento. Può, ma gli esiti del referendum sull’acqua in Italia, contro i migranti in Ungheria, o per le Farc in Colombia, ed anche la Brexit inglese, la dicono lunga sull’istituto “democratico” di una consultazione sempre più manovrata e sempre mena partecipata.
Un quadro abbastanza perdente, per la classe operaia, per gli sfruttati, per gli ultimi e per i migranti di ogni sorta, sia con la vittoria del Si sia con quella del No. Se potessero votare, gli sfruttati di ogni tipo, voterebbero per un referendum che garantisca lavoro, diritti, reddito, salute, istruzione, trasporti pubblici etc. Voterebbero per un sistema di welfare che non c’è più e contro un liberismo che avanza incontrastato. Ma se ciò fosse possibile con il semplice voto, allora le elezioni sarebbero proibite e i referendum truccati. O viceversa.
Ci piacerebbe poter dare indicazione di astenersi, ma non avrebbe alcun significato politico se non quello di una semplice denuncia di un sistema corrotto e gerarchico che è noto a tutti, mentre la realtà che domina un quadro politico impoverito, vede comunque l’arroganza fatta potere che aspetta con il Si una ulteriore legittimazione ai suoi job act e ai suoi fertility day. Per gli altri, per chi vuole ritrovare e ricomporre, ricostruire e ripartire è necessario che al di là di proclami catastrofisti si inizi a vedere percorsi di lotta sociale e politica che restituiscano il mal tolto, la dignità gli anni di vita e di lavoro, di pensione e di salute rubati. Un No urlato unicamente nelle urne rischia di creare un silenzio assordante della conflittualità sociale che invece ha bisogno di far sentire la sua voce.
… oppure difendere la carta con le barricate?
E’ chiaro che l’approvazione (tramite la vittoria del “Sì” al referendum del 4 dicembre) da parte dell’opinione pubblica dell’operato del governo legittimerebbe e velocizzerebbe quest’ultimo nel processo di adattamento dell’economia nazionale – e del mondo del lavoro – alle attuali dinamiche del Mercato internazionale.
E’ utile ricordare che “flessibilità”, “adattamento”, “adeguamento”, per i lavoratori significa dover essere sempre alla ricerca di un posto di lavoro, entrando in concorrenza con gli altri. Per i ragazzi vuol dire competere con chi ha molta più esperienza nel settore, viceversa per i meno giovani vuol dire perdere il lavoro e non poter più inserirsi a causa dell’età. Insomma una guerra fra poveri che sta già dando i suoi frutti: lo scoramento totale della classe lavoratrice, che non ha saputo rispondere efficacemente all’annientamento dei propri diritti sindacali, e la persistenza di insicurezza e paura che favoriscono ulteriormente confusione, individualismo e razzismo.
Per Renzi ed il suo governo significa invece l’apertura dell’Italia agli imprenditori esteri, e alla facile inaugurazione di nuove attività imprenditoriali per i giovani: tutti noi possiamo quotidianamente constatare come nuovi negozi, fantasmagoriche Startup vengono lanciate, spesso con l’investimento dei risparmi di famigliari e amici, e dopo pochi mesi scompaiono lasciando spazio a vetrine vuote in attesa che qualcun altro tenti la fortuna. Come offrire carne fresca agli avvoltoi sull’altare del libero mercato.
Ma d’altronde quante volte la Costituzione non ci ha difeso laddove invece me avevamo bisogno? Quante volte la giustizia tanto decantata sulla carta non è stata rispettata, ma bensì corrotta, rimaneggiata da chi può permettersi avvocati migliori, senza nemmeno il bisogno di cambiare una virgola di quanto c’era scritto?
Di sicuro non è il fatto che si sono schierati insieme alla sinistra anche Lega Nord, partiti di destra, neofascisti (l’ironia della sorte!), e Movimento Cinque Stelle che possa far desistere dal votare per il “NO”, ma bensì perché se la carta non ci ha protetto finora, di certo proteggerla comporterebbe un grande spreco di risorse che invece possiamo impiegare scendendo nelle piazze, uniti, per riottenere i diritti persi, per la libertà, il lavoro e la giustizia sociale.
Anche questo Referendum alla fine ci cade addosso, e in un modo o nell’altro, produrrà gli stessi risultati negativi delle politiche di governo fatte in questi ultimi anni a scapito degli sfruttati. Almeno finché gli stessi sfruttati non riusciranno a giocare contro e non più con le regole del potere.