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volantino

Lavorare meno, lavorare tutti

Lo sciopero generale è uno strumento sociale, funziona soltanto se la classe dal quale nasce risponde in modo solidaristico verso i lavoratori in lotta. Le rivendicazioni, le motivazioni perciò sono in genere espressione dei bisogni di tutti gli sfruttati, non soltanto di chi materialmente si astiene dal lavoro.

Come ogni strumento, esso può essere manomesso e sabotato, ma nel caso in questione non bastano burocrazia e criminalizzazione dello stesso per renderlo vano. C’è bisogno di un processo lungo e costante, che miri all’annientamento totale di tutti i diritti conquistati e di una cultura di classe, che riusciva a contrastare la potenza del Capitale e dello Stato al suo servizio.

Questo processo è iniziato ormai da parecchi anni, riducendo la solidarietà a gruppi etnici e familiari, abituando quindi noi tutti alla flessibilità, che tradotto significa lavoro non pagato per i giovani e azzeramento del diritto alla pensione per i meno giovani.

Ma lo Stato, ha dimostrato ancora una volta di voler velocizzare il mutamento:

l’aver ridotto da 24 a sole 4 ore l’astensione al lavoro nel settore dei trasporti (che peraltro non intaccava neanche le fasce protette), significa la vanificazione, totale e pretestuosa, ad opera del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nei confronti dello sciopero di bare, fatto passare come un atto di irresponsabilità verso il mercato nazionale legato al turismo, come azione antisociale contro gli stessi cittadini.

All’ennesimo sopruso e sberleffo da parte dei padroni, questa volta sono i sindacati di base Cobas, Cib/Unicobas, USB e CUB Trasporti (che dopo il 27 si uniscono allo sciopero del 10 in risposta all’ordinanza del ministro Delrio) che proclamano:


Sciopero generale,

10 novembre 2017

Contro la privatizzazione del settore pubblico, i tagli al sociale, alla sanità e alle pensioni, l’obbligo dell’alternanza scuola-lavoro, la precarietà imperante e lo strapotere dei presidi (situazione ulteriormente aggravata dalla legge 107 varata dall’attuale Governo)

 

F.A.I Federazione Anarhica Italiana

Sez. “M. Bakunin” – Jesi

Sez. “F. Ferrer”  Chiaravalle    

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comunicato stampa

Per una sanità pubblica e gratuita – Comunicato stampa 2.11.2017

Nei giorni scorsi, sui media locali, è apparsa la denuncia di un consigliere di centro-destra di Ancona, in relazione ai lunghi tempi di attesa del Pronto Soccorso di Torrette. Il consigliere ha lamentato il cattivo funzionamento del servizio facendone una questione professionale e non di sistema: il triage eseguito dagli infermieri e non dai medici. Gli ha risposto il responsabile del Pronto Soccorso di Torrette in maniera eloquente ed esaustiva.

Restano però le code, i tempi di attesa, etc. ad Ancona e non solo, che mostrano l’affanno di un sistema sanitario pubblico stretto fra tagli e riduzioni di posti letto e la necessità di sviluppare ulteriormente un’assistenza territoriale prossima ai bisogni dei cittadini che, quando non letti o non capiti, facilmente si trasformano in richieste di interventi urgenti da Pronto Soccorso.

In questo qualcuno risponde facilmente facendo ricorso alla sanità privata, a fronte della maggioranza dei cittadini che per reddito e condizioni generali non può far altro che aspettare, per quello che riguarda la loro salute. La salute pubblica è una questione di organizzazione e di risorse, ma ancor più una scelta politica. O si sceglie di investire in essa, di sviluppare gli interessi della collettività, di considerare che la sola ottica del profitto che essa possa rappresentare è quella del bene pubblico, o si continua a fare populismo, corporativismo e guerra fra poveri. La politica urlata e dello scarica barile è molto in voga in questo paese, utile a trovare capri espiatori senza intaccare le storture del sistema.

Se non funziona un Pronto Soccorso è colpa degli infermieri, o degli stranieri o del sistema pubblico? Oppure è una scelta politica di riduzione di diritti e garanzie a favore delle leggi del profitto e dei loro … speculatori?

Federazione Anarchica Italiana – Sez. “Bakunin” Jesi; Sez. “Ferrer” Chiaravalle

Alternativa Libertaria/FdCA sez. “Silvia Francolini” Fano/Pesaro

Gruppo Anarchico “Kronstadt” (senza fissa dimora) di Ancona

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General volantino

27 ottobre 2017: SCIOPERO GENERALE

Ai sindacati ci pensiamo noi, una volta al governo”, non sono proprio le parole testuali, ma il concetto è lo stesso, quello espresso da Di Maio, il ragazzo prodigio pentastellato. Dopo essere andato ad omaggiare i padroni ad Abano Terme, baciare il sangue di San Gennaro, ha ripreso il luogo comune che i sindacati non vanno bene. La caccia ai voti nel sottopancia italiano, tra i disoccupati e i non tutelati che leggono la loro precarietà come unico prodotto di una società fondata sui diritti sociali che però “privilegerebbero” alcuni e discriminerebbero tanti altri. Una logica che genera guerre fra poveri, caccia all’immigrato, cancellazione di qualsiasi lotta sociale e sindacale per sostituirla con una guerra fra poveri continua. Una guerra fra chi subisce la ferocia del liberismo, i tagli alla spesa pubblica, l’imbarbarimento delle coscienze, lasciando impuniti chi ne trae profitto e potere da una situazione di insicurezza continua.

I sindacati confederali – CGIL, CISL e UIL – hanno le loro responsabilità nella precarietà sociale ed economica presente, segni del fallimento della concertazione dei diktat padronali e del mercato. I funzionari sindacali e le organizzazioni non hanno brillato come strumenti di lotta ed emancipazione dei lavoratori, ma al tempo stesso all’interno dei sindacati ci sono lavoratori ed idee di riscatto e mediazione sociale che vengono ogni giorno negate sia dai padroni sia dai figli di papà sorridenti che brillano nel baciare ampolline di vetro. In tutto ciò però c’è chi non si arrende alla perdita di diritti, c’è chi vuole l’allargamento dei diritti per tutti.

C’è chi fa sindacalismo dal basso, senza poltrone, per il miglioramento della vita di tutti e la conquista di garanzie sociali e lavorative, per una piattaforma di lotta che prevede: forti aumenti salariali, riduzione generalizzata dell’orario di lavoro (30 ore settimanali), investimenti pubblici per ambiente e territorio, pensione a 60 anni, con 30 anni di contributi, garantire il diritto alla salute, all’istruzione, all’abitazione, e molto altro in quella che si annuncia come la prima scadenza nazionale di lotta sindacale per lo sciopero generale del 27 ottobre.

In questi giorni si consuma l’ennesimo atto di arroganza padronale e del governo. Da una parte all’Ilva di Taranto, Genova e nelle altre sedi, viene cancellato il futuro di chi non avrà più un lavoro e si chiamerà “esubero (un po’ come gli esodati della Fornero), dall’altra, grazie alla truffa del Jobs Act, verranno cancellati garanzie e diritti per i lavoratori che dovranno cedere al ricatto occupazionale fatto dall’azienda. Il governo, dal canto suo, non dice nulla al modo arrogante di fare di una imprenditoria italiana, anzi, quasi la premia visto che, per l’ennesima volta, vara una finanziaria che trova soldi per i padroni e le avventure militari, a scapito di scuola e sanità pubblica.

Lo sciopero generale del 27 ottobre, indetto da un’ampia area di sigle sindacali, non è lo sciopero fatto in Catalogna, non passa per l’identità nazionale, seppur socialmente impegnata, ma alza la voce di chi lavora in questo paese che sta arricchendo i pochi che stanno al potere (politico ed economico), mettendo le mani nelle tasche dei molti che sopravvivono della quotidianità della precarietà. Il 27 ottobre sciopero generale di tutte le categorie per la secessione dagli interessi del profitto, e l’affermazione dei diritti dei più deboli.

F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana

Sez. “M. Bakunin” – Jesi       

Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle

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astensionista comunicato stampa volantino

Numeri elettorali e paese reale


Le comunali jesine riservano poche sorprese. Il successo di Bacci al primo turno continua lungo il filone della stabilità e dell’assenza di alcuna forma politica organizzata che si sia manifestata durante il suo mandato. Il PD bulgaro jesino per il momento si lecca le ferite, tutte interne e mostra anche in città e a livello nazionale, come un patrimonio storico, politico e sociale alla fine è stato sacrificato sull’altare del potere dove, vince chi mostra maggiori garanzie agli investitori di riferimento.

Passata l’euforia elettorale, resta la città dove serviranno a poco slogan elettorali e politica urlata e di pancia. Una città di 40 mila abitanti, che hanno disertato le urne per quasi la metà, ma non ha riempito le piazze. Una città che non ha dato oltre le 4000 preferenza a nessuna lista.

L’utopia istituzionale e la partecipazione democratica giocano le loro ultime carte. A Jesi sarà sempre più difficile mantenere un’impresa, in un tessuto sociale devastato dal liberismo economico e da crack bancari. A fallire non è stata solo Banca Marche, ma un sistema che ha costruito solo e sempre profitti e che nella sua fine, trascina unicamente chi non ha mai avuto niente.

Qualcuno aspetterà i prossimi cinque anni per avere una rivincita. Altri rimarranno in fila al Pronto soccorso. Altri si contenteranno di feste e sagre di una città-vetrina utile solo a chi al bancone del bar vuole dimenticare e si illude che precarietà significhi futuro, sfruttamento sia sinonimo di opportunità, turismo possa essere industria e lavoro. I più penseranno unicamente a come tirare avanti senza scuole, asili, sussidi, trasporto, e lavori pubblici che non facciano ricordare in continuazione che esiste un salotto bello da curare e una periferia, grande come Jesi, da lasciare in custodia a decine di telecamere.

Insomma c’è una città che va oltre la rappresentanza, la delega e che cerca disperatamente la solidarietà, la partecipazione, la speranza. C’è una città che non si arrende, né al teatrino della politica istituzionale, né a quello padronale. Di questa città noi facciamo parte, come donne e uomini liberi, come lavoratori e disoccupati, studenti e malati, precari e stranieri; come anarchici. Di questa città faremo sentire la voce, i diritti, i bisogni.

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana

Sez. “M. Bakunin” – Jesi

Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle

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osservatorio infortuni

Osservatorio infortuni sul lavoro aprile-maggio 2017

 

Altro tempo che passa e altri lavoratori muoiono e rimangono feriti nelle aziende che guarda caso, non risultano mai fuori norma per la legge antinfortunistica, almeno da quello che trapela dai giornali.

Se cosi fosse, non staremo a riempire le cronache di amputazioni di arti e morti, potendo solo 

immaginare il calvario che  una sanità ormai per pochi, riserva ai  feriti con quasi un incidente ogni 5 giorni nella nostra regione e in questi due mesi anche con 2 morti.

Per aziende  che chiudono, le uniche posizioni che  crescono visto il nostro futuro regionale, tutto votato al turismo, sono le posizioni di camerieri e cuochi, sempre con contratti uno peggio dell’altro: vedi Fabriano dove viene sanzionato un bar che occupa il 25% del personale in nero.

Il teatrino politico parlamentare, pur di accontentare i sindacati istituzionali, ha finto di accogliere le  richieste dei lavoratori che avevano raccolto migliaia di firme per la presentazione di un referendum che spaventava la travagliata banda del partito al potere in fase di assestamento della propria identità di sinistra.

Una sinistra ormai andata alle ortiche, ma come ben sappiamo non c’è e non ci sarà mai

rappresentanza per gli sfruttati e la legge è e sarà sempre del padrone.

Nel frattempo i voucher cambiano nome e peggiorano, in sostanza continuando a favorire i lavoro nero e sottopagato, continuando a restringere, come altre tipologie di contratto, i diritti di lavoratori che sempre più devono prendere atto che possono solo con le proprie forze farsi portavoce delle lotte senza deleghe a nessuno.

In questi  giorni, pessimi sono gli sviluppi per la Ragaini dove l’azienda comunica il licenziamento di oltre la metà della forza lavoro (166 persone) dopo aver utilizzato tutti gli ammortizzatori disponibili.

A sud della regione colpito dal terremoto, ormai da molti mesi la situazione non evolve, anzi, le macerie sono pressochè rimaste dove erano.

Gli sfollati sulla costa, in parte sono stati sfrattati per far posto ai turisti che devono riempire i ristoranti e le attività turistico/estive, ed in parte ancora si trovano in condizioni di disagio estremo.

Vedendo il vuoto istituzionale venutosi a creare e l’incapacità sia politica che materiale, molti di loro si sono auto-organizzati fregandosene bellamente di norme e codici vari, cercando di lottare con i denti per non spopolare territori che lo stato ha lasciato in abbandono dopo promesse su promesse, soldi stanziati e modelli di organizzazione fallimentari.

Anche in questo quadro l’autorganizzazione, la solidarietà e il legami umani hanno ancora una volta fatto la differenza, nel tentativo di resistere a speculazioni, ruberie e colpevole malgoverno.

A cura del Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” – Jesi

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana

Sez. “M. Bakunin” – Jesi

Sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle