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Comunicato stampa

Sabato 5 aprile prossimo, presso i locali del Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” in Via Pastrengo2 aJesi, si terrà, per il ciclo “Letture per Lottare”, una cena sociale di sottoscrizione a favore dei profughi siriani vittime della guerra civile in corso. E’ la terza iniziativa fatta in città sulla Siria. Lo scopo è quello di rompere il tragico silenzio che da tre anni è calato sul paese e che vede opposti schieramenti fronteggiarsi sanguinosamente con il solo risultato di aumentare le tragedie della popolazione, costretta per fuggire alla guerra a trovare rifugio nei campi profughi dei paesi vicini.. Come in ogni guerra che si conosca. A partire dalle ore 18 si avrà la proiezione di materiali audio visivi e la testimonianza diretta di chi ha familiari ed amici nei campi profughi. Alle ore 20 la cena aperta a tutti. L’iniziativa è organizzata dall’insieme dell’associazionismo jesino che da sempre è abituato a confrontarsi su tematiche politiche e culturali di rilievo, e che vede coinvolti: Arci di Jesi e Fabriano,La Casadi Sergio, L’ANPI di Jesi, Spazio Ostello, Centro Studi Libertari, La casa delle Culture e l’Associazione Italia – Cuba di Senigallia.

Jesi, 2 aprile 2014
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RAGION DI STATO

Il 3 gennaio 1998 un aereo militare statunitense tranciava i cavi della funivia del Cermis in Val di Fiemme. Dissero che era un volo di addestramento, che fu una tragica fatalità. In realtà l’equipaggio stava “giocando” sui cieli italiani. Morirono 20 persone. I militari non furono processati né da un tribunale italiano, né da alcuno dei 5 paesi europei cui appartenevano le vittime. Nei fatti restarono impuniti.
Come fu per molti militari tedeschi che, durante la 2^ Guerra mondiale, seminarono morte e distruzione per mezza Europa per poi nascondersi in patria. I pochi che non riuscirono ad evitare le galere in qualche caso, tornarono a casa grazie a spericolate evasioni, o come fu per il colonnello Kappler, il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine (335 vittime civili), fuggì grazie, qualcuno disse, al governo italiano.
Del resto anche i militari italiani che si resero responsabili di massacri in Africa o nei Balcani, rimasero impuniti, mentre lungo tutta la storia del ‘900 chi si è opposto alla guerra, ha disertato, ha rifiutato di uccidere in nome della patria, quando non veniva fucilato sul posto, era messo in galera o in manicomio, dimenticato per decenni. Non c’è nulla di strano in tutto ciò. Esistono due pesi e … molte misure. La ragion di stato, la salvezza della patria, l’onore, la gloria, gli interessi di mercato, del commercio, della finanza e delle banche passano sopra a tutti.
C’è una ragion di stato che domina, usa la retorica patriottarda per riempire pance e teste vuote, specie quando l’economia va male. Si trasformano assassini in eroi. Tutto pur di dimenticare i morti delle guerre armate e delle guerre economiche che mietono vittime fra i proletari.
In guerra, come in pace, c’è chi può permettersi di fare di tutto e chi invece può solo piangere i propri morti. Come le 81 vittime della strage di Ustica, ammazzate da un atto di guerra in tempo di pace e dalle menzogne dei militari. O come per i 12 morti e gli 88 feriti della strage della scuola di Casalecchio di Reno, sventrata da un aereo militare in avaria, privo del pilota messosi in salvo.
Ma è facile la retorica contro la guerra e i militari. Meno facile rendersi conto che sono l’espressione di una società altra, che non conosce regole se non quelle che si dà, e spazza tutto ciò che incontra nel suo cammino. Non c’è diritto che tenga, giustizia, pacifismo o democrazia. La ragione del più forte domina e giustifica ogni cosa: una strage, un incidente, le radiazioni di una costa turistica per ospitare una base di sottomarini nucleari o buttare bombe un po’ in giro per liberarsi di un carico pericoloso.
Come fu in Adriatico durante la guerra contro la Serbia, ad opera degli aerei della Nato. Molte le bombe a grappolo recuperate dai pescatori. In un caso quattro rimasero feriti, ma almeno non furono uccisi, perché è pericoloso il mestiere di pescatore, e si può morire. Non basta il mare, il lavoro, i rischi, può accadere anche di essere scambiato per un pirata ed essere ammazzato come un cane. Da uno sconosciuto. Da due sconosciuti, lontani, e che per questo molti diranno che hanno fatto solo il loro dovere. E’ la ragion di stato, che non coincide mai con quella dell’umana società.

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
Gruppo – M.Bakunin – Jesi
Gruppo – F.Ferrer – Chiaravalle
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8 Marzo nelle Piazze


In questa giornata si dovrebbero ricordare le morti e i soprusi subiti dal genere femminile in ogni contesto del nostro sistema sia sociale che lavorativo ma, invece di dare ascolto alle lotte con atti concreti, si spettacolarizza, si svuota di significati politici questa data. Le piazze si riempiono di “scarpe rosse”, fiori, flash-mob e balletti che poco hanno a che fare con le strade piene di manifestanti che pretendono libertà, sicurezze sociali e lavorative come asili e assistenza sanitaria. Scendere in strada ballando non cambierà le attuali condizioni di vita di milioni di donne, non rovescerà governi sessisti e dittatoriali come non lo farà l’espressione della protesta imprigionata nelle urne elettorali; la speranza che le nuove facce scese in politica a dirigere la vita altrui mantengano le solite promesse elettorali è vana. Da che mondo e mondo è il potere che distorce e corrompe ogni cosa e tutto quello che si è ottenuto è solo e soltanto il frutto del radicamento di lotte decise e coraggiose. Un particolare esempio ci viene dal nostro territorio dove la “vittoria” sul ripristino dell’interruzione volontaria di gravidanza all’ospedale cittadino, ha evidenziato che solo la spinta dal basso delle
gente, stanca della sufficienza con cui vengono affrontati i problemi, ha fatto scomodare chi, sicuramente a conoscenza della situazione, era rimasto sordo alle esigenze femminili. Chi più ha bisogno non viene mai rappresentato ed è evidente che se si auto-organizza senza guru o portavoce, portando avanti un pensiero collettivo, può e deve far valere le sue richieste a chi nelle poltrone al potere gli concede solo poche briciole. Ancora insieme uomini e DONNE per una lotta a cui partecipino tutti con le proprie capacità, senza che nessuno indichi una indiscutibile quanto improbabile verità da inseguire.

F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana 
Gruppo – M. Bakunin – Jesi 
Gruppo – F. Ferrer – Chiaravalle 
Centro Studi Libertari L.Fabbri

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I padroni del vapore

Il dibattito post-elettorale ferve, la governabilità impazza e i mercati sono altalenanti mentre i veri padroni del vapore fanno sentire la loro voce. Il comune denominatore: nostra signora delle auto.
A Bari la Bridgestone conferma la volontà di chiudere la fabbrica (950 lavoratori), ma di essere aperta al dialogo. Il sindaco del capoluogo pugliese si dice pronto a sostenere gli operai se decidessero di occupare lo stabilimento. Buona cosa, ma forse sarebbe meglio penalizzare la multinazionale, facendole pagare il corrispettivo in retribuzione, speranze e futuro perso per l’ennesimo caso di delocalizzazione. Ma questo è troppo, la lotta di classe non va più di moda. Almeno per gli operai, per i padroni invece …

Non a caso Marchionne, che recepisce la voglia di cambiamento uscita dalle urne si auspica governabilità per non uscire dall’ euro ed avere più sostegno e non tasse, IMU e altre cose simili. Certo detto da uno che taglia occupazione, diritti e salari, fa venire il sospetto che l’unico cambiamento che ci sarà è solo in termini di diritti, sempre più contratti o negati. Mentre i privilegi restano tutti, sempre per i padroni. C’è ancora in giro qualcuno che pensa che il parlamento interclassista di questa Repubblica fondata sul lavoro, toglierà qualche privilegio e restaurerà qualche diritto?

E tanto per capirsi non è un caso che al salone dell’auto, aperto a Ginevra, uno dei salvatori
della patria, Montezemolo, presenta il modello esclusivo delle nuove Ferrari, quello da un milione di euro, destinato ovviamente ad un pubblico ridottissimo di appena 500 acquirenti. Qualcuno dirà: “Ma per costruirle si è prodotto lavoro e ricchezza”. Forse, però per pagare quelle Ferrari, si è prodotto sfruttamento e miseria, perché quei 500 milioni di euro da qualche parte i padroni devono averli pur presi. In tempo di crisi poi!

Crisi o non crisi il vapore deve andare avanti ed il carburante è sempre lo stesso: il petrolio. Un arma utile per molti paesi poveri per poter far sentire i propri diritti verso il “Nord” ricco e prepotente anche se non è detto che quei diritti si diffondano, vengano applicati o che altro.

Molti gli esempi, uno il riferimento di oggi: il Venezuela, il cui presidente Chàvez è morto dopo una malattia che molti già annoverano fra le tesi complottiste mondiali. Personaggio controverso Hugo: dittatore o rivoluzionario? Jefe del pueblo o caudillo della sesta potenza produttrice di petrolio? La risposta viene dalla stessa massima centralizzazione del potere che era stato in grado di costruire attorno a se e che oggi si manifesta nelle mille illazioni attorno alla sua morte.
Un uomo solo alla guida di un paese, o di un partito, o di un movimento la storia ci insegna cosa significa in termini economici e sociali. In merito alla morte di Chavez ci sentiamo di rispondere con le stesse parole de “El Libertario” periodico anarchico di Caracas: “Né lutto, né celebrazioni! E’ arrivata l’ora dell’autonomia e delle lotte sociali”. Non solo in Venezuela.

F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana 
Gruppo – M. Bakunin – Jesi 
Gruppo – F. Ferrer – Chiaravalle 
Centro Studi Libertari L.Fabbri