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JOB ACT atto infame

JOBS ACT: atto infame

poco lavoro, precario e malpagato!

Da anni stiamo assistendo più o meno passivamente alla distruzione sistematica dei diritti fuori e
dentro i luoghi di lavoro con un sostanziale peggioramento della qualità della vita. Previdenza,
sanità, istruzione e potere d’acquisto dei salari sacrificati sull’altare del pareggio di bilancio in
nome di una crisi che continua ad arricchire i soliti noti e schiacciare nella disperazione e nella
miseria milioni di donne e uomini. In questo contesto, la proposta del governo Renzi, detta Job Act,
suona come la resa dei conti finale verso una classe operaia distrutta, incapace di reagire alla guerra
di classe che i padroni e le banche, spalleggiate da governi compiacenti, stanno portando avanti da tempo.
La riforma in questione viene spacciata come un atto di giustizia dovuto verso i lavoratori che non
sono tutelati. Di fatto non si realizza un allargamento dei diritti, ma un restringimento ulteriore
verso il basso che rende tutti “ugualmente” precari. Con un sol colpo vengono recisi gli ultimi
“lacci e lacciuoli” che sembravano la causa di tutti i mali che affliggono la nostra economia e che
rendono non competitive le nostre aziende. Si realizza il completo smantellamento dell’articolo 18
già fortemente penalizzato dalla Fornero. I neo assunti anche a tempo indeterminato potranno
essere licenziati con un indennizzo legato all’anzianità di servizio. Smantellata anche la
contrattazione nazionale a beneficio di quella territoriale (gabbie salariali), con contratti che
potranno variare, nello stesso comparto, da azienda ad azienda, da reparto a reparto, se non da
individuo a individuo.
Un quadro che potrà generare proteste, malumori, rivalità, competizioni ed allora le scelte di Renzi
prevedono anche la possibilità per i padroni di controllare a distanza (telecamere) i lavoratori.
Ammortizzatori sociali di vario tipo ridotti all’osso (tanto è passata l’abitudine di fare la carità –
inutile poi – di quando in quando, con oboli da 80 euro). Alla fine il padrone potrà fare quello che
vuole. Assumere, licenziare, pagare poco, pagare niente il lavoratore, demansionarlo con lo spettro
della disoccupazione e farlo vivere in uno stato continuo di angoscia per una crisi del lavoro infinità
che premia burattini politici, sciacalli finanziari, e sfruttatori capitalisti. E i lavoratori? Il Jobs Act è
quello che sembra a tutti: la sentenza di morte di qualsiasi dignità del lavoratore e la legalizzazione
della schiavitù del terzo millennio.

Ribellarsi a tutto ciò è giusto e doveroso. La manifestazione di sabato prossimo però si
presenta non meno insidiosa delle politiche renziane. Se fallisce da il via libera ad una
ubriacatura ulteriore dello sciacallaggio capitalista. Se riesce a mobilitare la piazza potrà
essere la moneta sindacale per gettare con decisione sul tavolo delle contrattazioni una
riconquista dei diritti perduti negli ultimi venti anni? Ne dubitiamo. O servirà ancora una
volta a dare unicamente legittimità ai burocrati sindacali?


Lavoro, diritti, dignità. Solo la lotta paga!


FEDERAZIONE ANARCHICA ITALIANA
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle
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soldi buttati

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Bombe d’acqua,
si segue la pista anarchica!
Una brutta estate, piogge e maltempo devastano il paese  da Nord a Sud provocando danni e, purtroppo, vittime. A Jesi addirittura una tromba d’aria ha sconvolto un quartiere. Senigallia ancora deve riprendersi delle precedenti esondazioni che se ne ritrova di nuove. Così un po’ ovunque, manco fossimo un paese tropicale! Una repubblica delle banane!
Il tempo e le stagioni sono decisamente impazziti. Difficile nascondere la responsabilità dell’inquinamento industriale, del capitalismo che devasta territori e persone. Eppure anche in questo, il pensiero dominante è quello di negare l’evidenza (il profitto genera distruzione) e prendersela con … il fato, la sorte, il destino e così nascono neologismi interessanti come quello in voga: la bomba d’acqua! Tutto pur di aumentare angoscia e smarrimento e, dare delle non-notizie: d’estate arriva il caldo, sempre africano. D’inverno invece, guarda caso, c’è il freddo, in questo caso siberiano. Manca la stagionale notizia sulla zanzara tigre e il quadro è completo. Non ci si può sbagliare!
Eppure basterebbe chiedersi come mai in un paese moderno come l’Italia si debba sempre ricorrere alla protezione civile per affrontare eventi climatici e stagionali che, in larga parte, sono prevedibilissimi. Eventi che invece provocano sempre puntualmente danni pesanti. Insomma in un paese ordinato, organizzato, istituzionalizzato … si muore di pioggia, di frana, di alluvione o anche assiderati sotto i ponti. O davanti alle coste, in mezzo al mare, colpevoli di non essere … italiani (o occidentali!).
Forse tutta questa organizzazione, le istituzioni non la garantiscono. Forse la cosa più evidente è lo scaricabarile che riescono a fare quando succede qualcosa. Forse la pioggia anomala evidenzia la “normalità” del potere, che significa di fare tutto meno che gli interessi della collettività. E quando la collettività se ne accorge, quando si erge a difensore del suo territorio e delle sue vite, come in Val Susa contro la TAV, l’organizzazione repressiva, la macchina violenta dello stato e il controllo del territorio entrano in funzione in maniera puntuale e precisa.
Insomma se aumenta la pioggia bisogna arrangiarsi, alla disoccupazione bisogna rassegnarsi, e per la povertà e le malattie confidare nella provvidenza. Per il resto la macchina statale funziona: per la difesa del profitto. Se lo Stato italiano avesse speso in tutela ambientale quanto ha investito in val Susa in repressione militare, sicuramente i danni del maltempo sarebbero stati minori. Sicuramente si vivrebbe in un paese un po’ più libero.

Facile retorica certo, ma il messaggio che arriva da questa estate 2014 è una lezione da prendere ad esempio: la natura si ribella alle devastazioni dell’uomo? Ed allora è tempo che anche l’uomo si ribelli alle devastazioni fatte da altri uomini.
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VIDEOSORVEGLIATI


VIDEOSORVEGLIATI

Trenta telecamere sono pronte a partire a guardia della zona sud di Jesi. A chi o a cosa serviranno, difficile dirlo.
Il populismo che soffia sull’insicurezza sociale afferma che saranno un buon deterrente contro “malintenzionati” di sorta. Difficile dirlo.

Di certo saremo tutti meno liberi di muoverci senza essere spiati. Di certo ci saranno meno soldi nelle casse comunali perchè spesi in un progetto che non serve ai bisogni reali di sicurezza della collettività: casa, lavoro, reddito, salute.

La videosorveglianza potrà ben poco contro la grande criminalità che sta rendendo povera la Vallesina e Jesi, e l’Italia. Quella che chiude le fabbriche e dimezza gli stipendi e poi va a festeggiare nei night a coca e champagne. La grande criminalità che si fa eleggere dalla collettività e poi dopo qualche anno esce dai palazzi in manette per i cattivi affari fatti.

Il grande fratello dell’Amministrazione Comunale non riuscirà a proteggerci da corrotti e corruttori, speculatori e squali della finanza, amministratori delegati con il licenziamento facile e ogni sorta di criminale che usa il potere economico e politico per i propri interessi.

Trenta telecamere e … ronde leghiste che l’inettitudine politica rischia di legittimare. Trenta telecamere come i trenta denari di Giuda per svendere la cultura di pace ed integrazione di cui Jesi si è sempre detta portatrice. Jesi, città europea dello sport e … delle trenta telecamere.

F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle

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mondiali di guerra

MONDIALI…DI GUERRA?
Sono iniziati i mondiali di calcio, ed è la volta del Brasile, e come per tutte le grandi opere (olimpiadi, etc.), la competizione si carica delle stesse pratiche consolidate: profitti capitalisti contro diritti umani. In questa occasione nel Brasile, da poco diventata 7^ potenza mondiale – e non certo per meriti di redistribuzione di ricchezza – l’aumento vorticoso delle disuguaglianze sociali ed economiche è ancora più evidente, secondo l’idea di sfruttare lo sfruttabile ed accumulare ricchezza per pochi.
            E’ quanto accade in maniera distruttiva a livello mondiale, da dieci anni a questa parte, con un capitalismo internazionale che investe in paesi senza alcuna tutela sindacale, ambientale e welfare strutturato, con governi complici, o dove questo esiste – la vecchia Europa – richiama al loro dovere i governi nel sostegno al taglio delle garanzie sociali e sindacali.
             Risorsa umana o naturale, ambientale o sociale, tutto viene sacrificato per il profitto del potere capitalista e degli interessi di pochi. Chi si oppone subisce arresti (anche preventivi), pallottole (non sempre di gomma), espulsione (dalle città – gentrificazione -), dal lavoro, dalla società. Quando tutto ciò non basta, una bella guerra è sempre pronta per rimescolare le carte geo-politiche, far arricchire multinazionali di vario tipo, terrorizzare gli schiavi di sempre.
            E se per caso regimi corrotti cadono sotto i colpi della rivolta popolare, come è stato in qualche paese del Nord Africa, o in Medio-Oriente eserciti e chiese di vario tipo si mobilitano per riprendere il controllo del potere, e avviare nuovi affari, con il beneplacito dei governi occidentali.
            In questo quadro le proteste che si susseguono da mesi in Brasile si legano ad una rivendicazione di tipo politico/sociale di un utilizzo della spesa pubblica a favore della popolazione con scuole e ospedali invece che andar ad ingrassare le multinazionali che si muovono dietro gli incontri internazionali del calcio.
            Il 55% dei brasiliani non vuole questo campionato. Se la loro protesta continuasse, legando contestazione alle grandi opere e rivendicazioni sociali – come è avvenuto per la lotta dei lavoratori della metropolitana di Rio – l’esercitò brasiliano dovrà allargare il suo campo di battaglia dalle sole favelas a tutto il Brasile. Pratica non nuova in Latino America. Pratica non nuova, anche se su scala ridotta nella democratica Italia della tirannide del “sistema Tav”.  Guerra interna o esterna i casi ormai diventano sempre più frequenti solo un unione di intenti tra sfruttati potrà opporsi all’avanzare incontrastato del capitale che schiaccia l’umano.

F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana

M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle