Categoria: volantino
…che tempi!
Nelle ultime settimane sono accaduti fatti che la storia ricorderà per la loro vicinanza e gravità. La rivolta dei popoli nordafricani e del M.O. (Egitto,Libia,Tunisia, Yemen, Marocco…),stanchi della fame,della miseria e della disoccupazione cui erano sottoposti dai loro regimi dittatoriali sostenuti dall’Occidente. Il terremoto (e lo tsunami) che ha colpito il Giappone: uno dei paesi più industrializzati e avanzati tecnologicamente ,ora in ginocchio e a rischio di un ecatombe nucleare per le scorie radioattive riversate nell’aria, in aria e nel suolo. Ed infine la guerra contro la Libia, sempre per motivi umanitari (come cento anni fa), ed anche per il petrolio, per la concorrenza finanziaria di Gheddafi, per il mercato, etc. Di fronte a tutti questi fatti i governanti del bel paese non stanno certo a guardare.
La sicurezza nucleare. Il governo Berlusconi (sostenuto anche da alcuni “intellettuali” molto in vista),afferma con vigore che l’Italia (paese ad alto rischio sismico) continuerà il suo programma che prevede l’apertura di centrali nucleari nei prossimi anni senza aver ancora risolto i problemi di stoccaggio delle scorie radioattive tuttora “vaganti” nel territorio, e con una classe politica ed imprenditoriale incapace di gestire un nubifragio, un terremoto, una frana. Del resto a loro parlare di sicurezza significa: “Non può succedere da noi, e poi abbiamo tante centrali nei paesi confinanti…”. Una buona impostazione per giustificare il ritorno al nucleare senza dire le speculazioni che si celano dietro. Buon gioco in una memoria troppo corta che non ricorda i disastri di Chernobyl di 25 anni fa, che ancora oggi pesano sulla salute. E poi alla fine bisogna fidarsi di questo nucleare se i politicanti berlusconiani (e non solo) ci dicono che è sicuro. Loro di sicurezza se ne intendono: per prendere i voti quando c’è da sbandierare la sicurezza contro i rom o gli stranieri, o per voltare la faccia quando la sicurezza mancata ammazza quotidianamente sul posto di lavoro.
Guerra e rivolte. Dopo essere stati sostenuti dall’Occidente per decenni, i dittatori arabi e mediorientali cominciano a dare fastidio. Forse perché hanno accumulato troppi soldi a danno dei loro popoli e finanziariamente cominciano ad essere dei concorrenti scomodi per le corporation occidentali. O forse sempre per il solito petrolio, per il mercato… o un po’ per tutto questo. No di certo per la pace, la giustizia sociale, la libertà e la democrazia che non si possono esportare con bombardamenti (Iraq ed Afghanistan fanno testo). Ciò nonostante un altro fronte di guerra si è aperto per l’Occidente e per l’Italia riaffermando la logica della diplomazia fatta con i bombardamenti (chirurgici e che ammazzano solo un pochino e mai i civili), traffici d’armi, distruzioni, tagli allo stato sociale: sanità, scuola, servizi, trasporti, etc. La dignità degli uomini e delle donne che hanno manifestato in queste settimane in Nord-Africa e nel Medio-Oriente dimostra come i popoli riescano ad essere più pacifici di chi li governa, riescono ad organizzarsi meglio quando non c’è l’autorità, e soprattutto urlano la loro voglia di dignità e libertà che noi in Occidente dovremmo riprendere, allargare, sostenere, diffondere per cacciare i nostri dittatorelli locali.
Prendiamo esempio dalle lotte pacifiche che hanno cacciato Ben Alì e Mubarak per cacciare Berlusconi, per ridare legittimità ad una politica fatta dal basso e non dalle segreterie di partito o opposizioni in cerca di poltrone. Prendiamo esempio da chi lotta per dire no alla guerra e alle spese militari, no al nucleare e all’affarismo fatto sulla salute dei cittadini. In piazza, ora!
NO ALLA GUERRA, AL NUCLEARE, E AI POLITICI CORROTTI!
FAI – Federazione Anarchica Italiana. sez. “M. Bakunin” – Jesi, sez. “F. Ferrer » – Chiaravalle
incontro con l’autore e presentazione libro + cena vegan inizio ore 17:30
LIBERI DALLA CIVITA
di Enrico Manicardi
Mimemis Edizioni
Spunti per una critica radicale ai fondamenti della civilizzazione: dominio, cultura, paura, economia, tecnologia
Un testo avvincente, una lucida riflessione sulla nostra società e sul mondo devastato dalla cosiddetta civiltà. Manicardi, procedendo con una ricca dotazione di esempi e riferimenti bibliografici, stravolge l’idea dell’uomo come signore del mondo, richiamandosi ad una vita libera ed egualitaria basata sull’autodeterminazione, l’autoproduzione e la convivialità. Una vita, quindi, svincolata dai modi imposti dalla civiltà.
L’autore riprendendo l’etimo di civiltà (da civis-cittadino) marca il processo di riduzione dell’umano al civis, dove la connessione con la natura è persa, persa la capacità di conoscerla, di comprenderne i linguaggi e ci si trova ridotti ad essere schiavi dell’artificio, dipendenti della tecnica.
Un black out prolungato nel tempo e la nostra vita civilizzata sarebbe paralizzata. Senza i negozi di alimentari non sapremmo come procurarci da mangiare, senza rete idrica non sapremmo cosa e come bere. E senza gli specialisti non sapremmo neppure come curarci. La civiltà crea relative competenze solo entro i suoi limiti ed assoluta incompetenza a vivere fuori dai suoi contesti. Ci rendi cechi al mondo che non sia il suo e nel suo tiene nascosti ai più le “magie” del funzionamento.
L’inurbamento addomestica l’uomo, “lo strappa alla selva”, inonda di cemento le campagne, regola gli spazi e pianifica la vita. Per il civilizzato, ci dice Manicardi, vivere significa sottomettersi ad un insieme di regole, accettare un’addomesticazione che ci rende sempre più dipendenti da un sistema che sfugge al nostro controllo.
Questa società sempre più tecnologizzata, arrogante e invadente, corre veloce verso il fallimento, il medesimo fallimento in cui ha scaraventato gran parte dell’umanità. Il collasso è stato innescato. Acqua e aria sono inquinati in modo irreversibile, un numero senza precedenti di specie vegetali e animali si stanno estinguendo e tutto ciò si accompagna ad una dilagante crisi sociale (guerre, fame, diseguale accesso alle “risorse”, ecc.). Viviamo nell’epoca del collasso.
Nel modo di produzione e riproduzione basato sulla civiltà del capitale, la tecnologia domina incontrastata ogni forma di vita, la conforma ai modelli ed alle procedure industriali, alle logiche del profitto senza limiti, della crescita illimitata e del consumo. Questo sviluppo è insostenibile per definizione. L’unica alternativa possibile alla società industriale sta nel suo abbandono
Venerdì 28 gennaio 2011
sciopero generale
dei lavoratori metalmeccanici
e dei lavoratori di tutte le categorie pubbliche e private
Il “governatore” Spacca ha definito le Marche (il 6.9.2010) come “la terra del capitalismo dolce”, tanto dolce che stiamo correndo il rischio di diventare diabetici.
Quanto è dolce questo capitalismo lo sanno tutti quelli che pagano sulla propria pelle la crisi indotta dai padroni, dalle banche, dagli speculatori e dall’apparato statale:
– i lavoratori di tutti i principali settori produttivi della regione (mobiliero nel pesarese, cantieristico in Ancona e Fano, metalmeccanico e cartaio da Fabriano a Jesi, calzaturiero e chimico nel maceratese, fermano e ad Ascoli);
– i lavoratori del settore pubblico (aumenti contrattuali bloccati per tre anni e limitazioni al diritto di sciopero);
– i disoccupati e i precari della scuola (solo quest’anno circa 1.000 posti in meno in tutta la regione);
– i migranti che muoiono asfissiati nei container dei camion nell’area portuale di Ancona, sempre più militarizzata, baluardo di una regione che si candida – sempre con il “governatore“ Spacca – alla organizzazione e gestione di una macroregione adriatica.
Ingrassa la rendita parassitaria e speculativa e chiudono i posti di lavoro, scarseggia il denaro ma aumentano in modo esponenziale i luoghi dove spenderlo (nel fermano chiudono la conceria Sacomar e lo Zuccherificio ex Sadam e poco dopo aprono due centri commerciali), così come gli sportelli bancari (guardate cosa c’è in Ancona in Via Martiri della Resistenza). Interviene anche la Chiesa che partecipa alla soluzione della crisi dell’area portuale anconetana proponendo un bel congresso eucaristico in un cantiere navale presumibilmente deserto. Non ci si fa mancare proprio nulla!
La nostra presenza oggi, come lavoratori e come anarchici, allo sciopero generale indetto dalla FIOM, dai COBAS, dalla CUB, dall’UNICOBAS e dall’Unione Sindacale Italiana-USIAIT è contro l’attacco generalizzato alle condizioni di vita e contro le limitazioni alla libera circolazione degli esseri umani. Partecipiamo per ribadire il diritto di tutti i lavoratori e non (metalmeccanici compresi) a scegliere liberamente le forme della propria rappresentanza, a esprimere le proprie rivendicazioni, con le modalità di lotta che si riterranno necessarie.
Le miserie del capitale e il modello Marchionne che è passato a Mirafiori e che cercheranno di estendere in tutto il mondo del lavoro pubblico e privato, primo fra tutti attraverso la balcanizzazione del contratto nazionale di lavoro, vanno combattute fin da subito e dappertutto. L’autogestione e l’assemblearismo sono l’alternativa …. un altro mondo è possibile!!
ASSEMBLEA ANARCHICA MARCHIGIANA Circolo Anarchico “E.Malatesta” Ancona; Anarchici CivitanovaMacerata; Federazione dei Comunisti Anarchici FanoPesaro; Centro Studi Libertari “L.Fabbri” Jesi; Federazione Anarchica Italiana – Jesi; Anarchicie ValCesano;gruppo Anarchico “P. Gori” Fabriano UNIONE SINDACALE ITALIANA – USIAIT |