Categorie
volantino

La schiavitù legalizzata: essere poveri è una colpa!

Sei povero? Paghi le tasse lavorando gratis!
La schiavitù legalizzata: essere poveri è una colpa!

In alcuni casi, per determinati reati, è previsto l’obbligo di lavorare gratuitamente per la comunità. Lavorare per espiare. Una logica che sembra avere un suo significato, ma che non è detto sia giusta, e sempre applicabile.
Il famigerato decreto “sblocca Italia” introduce la possibilità di accettare il pagamento in “natura”, delle tasse comunali, da parte di chi non è in grado e che potrà saldare il suo debito occupandosi gratuitamente in lavori di vario genere, previsti dall’Amministrazione Locale. In definitiva si ha la legittimazione del “reato” di evasione fiscale causa … povertà.
Colui che è povero, disoccupato, in difficoltà, prima di esser sostenuto a superare un momento difficile, prima di essere messo in condizioni di poter realizzarsi all’interno della società, viene considerato come un moroso che deve pagare il suo debito tributario. Salta di fatto qualsiasi visione solidaristica della società. Chi non ha lavoro o soldi, dovrà lavorare gratis per pagare quelle tasse che dovrebbe pagare … se avesse lavoro.
La follia liberista delle scelte governative non ha più limiti. Chi deve spendere il suo tempo per pagare balzelli locali come fa a trovare il tempo per … trovare lavoro? In un paese in cui i grandi profittatori del capitale non sono mai stati puniti per la loro evasione fiscale, tutto ciò ha il sapore della beffa arrogante. Inoltre, un’amministrazione che deve andare avanti con lavori e lavoretti di ogni tipo, rimediati da questo o quel debito, che hanno applicazioni di corto respiro, e che non ha soldi, perché in definitiva comunque le sue casse rimangono vuote, come potrà contribuire al bene pubblico?
Ancora una volta il decreto “sblocca Italia” si rivela per quello che è: la legalizzazione di una guerra sociale fatta da una classe politica asservita totalmente agli interessi del profitto, in grado di aver come sola progettualità quella di mantenersi al potere, raccattando voti dai fattacci di cronaca. L’Italia è un paese dove ormai da anni il compromesso democratico è saltato, dove ai più forti tutto è possibile, tutto è dovuto.

Vorrà dire che la solidarietà e la giustizia sociale tornerà ad essere pratica quotidiana e progetto sociale in maniera diffusa nel tessuto più sano e attivo della comunità umana, senza bisogno di padrini, padroni e istituzioni alcun tipo.
Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle
Categorie
volantino

poltrone e sanità nelle Marche

Poltrone e sanità nelle Marche

Si dovrebbe concludere nelle prossime settimane il riassetto post-elettorale della sanità marchigiana. Qualcuno se ne andrà, specie se legato alla vecchia giunta. Altri resteranno. Altri ancora arriveranno freschi di nomina, specie se legati alla nuova giunta. Alcuni cambieranno poltrona, da quella dell’ASUR a quella dell’INRCA. Il balletto delle nomine è cominciato già da giorni sui media locali, e non riesce a scuotere l’afa estiva, e politica, che investe la regione.

Nei fatti nulla viene detto dell’operato dei dirigenti che se ne andranno. Hanno lavorato bene? E se lo hanno fatto perché vengono sostituiti? Al contrario se hanno lavorato male a cosa verrà posto rimedio? Scelte politiche da ripensare? Indirizzi di equità sanitaria da rivedere? Purtroppo nulla di tutto ciò trapela nella voglia di poltronissima sanitaria. E il fatto che il nuovo presidente regionale abbia tenuto per se l’assessorato alla salute lascia intendere quanto questo sia centrale nel garantire equilibri economici, politici e relazionali. Intanto i servizi socio-sanitari della regione soffrono.

Tagli indiscriminati fanno sentire il loro peso sul sociale di cui viene praticamente azzerato il fondo. Soffrono utenti ed operatori della sanità pubblica che hanno visto una continua emorragia di posti letto, di posti di lavoro, di risorse. Poche le voci che si levano contro la destrutturazione della sanità marchigiana a denunciare che i tagli fatti, il risparmio e la riorganizzazione sanitaria hanno moltiplicato poltrone e ridotto servizi. Le Marche, una regione virtuosa grazie ai suoi operatori sanitari e ai suoi utenti, sta facendo da capofila nella cancellazione della sanità pubblica in questo paese.

Quando fra qualche anno si potranno vedere le cifre del peggioramento delle condizioni di salute dei marchigiani, grazie alle scelte scellerate fatte, forse sarà troppo tardi per cacciare via a pedate vecchi e nuovi occupanti di poltrone.

Oggi mandare a casa tutta questa classe politica al potere – e all’opposizione distratta – prima di essere una scelta politica è un’azione di … salute pubblica.

FAI – Federazione Anarchica Italiana 

Gruppo “Michele Bakunin” – Jesi
Gruppo “Francisco Ferrer” – Chiaravalle

Categorie
astensionista volantino

Plebiscito Elettorale

Plebiscito elettorale
Il Corriere Adriatico del 1 giugno titola in seconda pagina: “Ha vinto la voglia di cambiamento”. Mai titolo è stato più lontano dalla realtà e più vicino al Palazzo. Nelle Marche il PD si riconferma al potere dopo dieci anni di governo. Dove sta il cambiamento? Forse nel fatto che il presidente uscente Spacca è stato bocciato dalle urne? Lo è stato lui, e non la politica che ha sostenuto per dieci anni, quella servile del PD al potere padronale che ha trasformato le Marche in una regione deindustrializzata, precaria, con una sanità pubblica praticamente cancellata e cattedrali nel deserto che ogni tanto spuntano per favorire appalti agli amici degli amici.

Il PD resta il primo partito anche nel paese, nonostante le scelte disastrose fatte al governo. Premiati anche i partiti che riescono a rastrellare la reazione popolare, da Salvini a Grillo, e sconfitte invece le coalizioni che non riescono a dare segnali chiari di governabilità, cioè quando la lottizzazione delle poltrone rischia di mettere in discussione la tenuta del sistema … di potere. Le faide interne, cioè i panni sporchi, si lavano in casa, per il resto chi garantisce la pace sociale viene premiato, gli altri restano fuori dal palazzo. Nel primo caso Leghisti e Grillini continuano un’ascesa quasi inarrestabile. I seguaci di Salvini stravincono assieme ai fratelli italiani della Meloni, grazie in primo luogo alla grande pubblicità fatta dai media dove il segretario felpato ha goduto di visibilità quotidiana e diffusa. Facili parole d’ordine, odio seminato a piene mani e livore razzista in risposta alla disperazione sociale hanno fatto il resto. Le contestazioni di molte piazze non sono riuscite a scalfire la volata tutta mediatica dell’erede di Bossi, che in primo luogo ha permesso una frammentazione e personalizzazione nello schieramento di centro-destra tutta funzionale ai primi arrivati.

Anche i Grillini vanno avanti, ma non riescono a conquistare nessuna regione e restano saldamente ancorati in una nicchia ecologica tutta funzionale a incanalare proteste e malumori. Storia vecchia. E’ sempre bene avere un partito condannato all’eterna opposizione, che grida contro i corrotti e contro tutti e nei fatti non mette in discussione in alcun modo la società gerarchica e del profitto che genera miserie (leggere: stato e mercato). Vengono invece espulse sonoramente dal mercato elettorale, dopo un’agonia lunga venti anni, le ultime illusioni istituzionali di una sinistra di sinistra che ha perso troppe occasioni per capire che non è nell’urna (o nella poltrona) il luogo dove ricreare conflittualità di classe e solidarietà sociale. Probabilmente cercherà di rifarsi con qualche transfuga del PD e con il ritornello che senza la sinistra non si vince.

Resta l’astensionismo da record registrato: uno su due diserta le urne. Un dato di disaffezione politica? Segno di contestazione dello stato e del capitale? Siamo andati tutti al mare perché la rivoluzione è vicina? Tante le possibili risposte. Nei fatti i partiti perdono milioni di voti, ma gridano comunque alla vittoria. Di certo la nomenklatura italiana si adopererà per fare in modo che l’unico elemento messo in pericolo dall’astensionismo dilagante – il consenso figurato ad una democrazia ancor più figurata – possa essere recuperato. C’è l’esempio da seguire degli USA dove, il gioco elettorale è da decenni terreno di menzogne mediatiche e di scelte oligarchiche. Già le primarie in uso oltre oceano sono diventate parte del panorama politico della macchina del consenso del Bel paese.

Vince quindi la governabilità che può anche far a meno del rifiuto astensionista della metà del popolo. Vince chi urla di più, contro gli immigrati o a favore di riforme che riportano indietro il paese. Vince il capo: Zaia, Salvini, Renzi, Rossi, etc. tutti premiati se restano fedeli ai loro padroni. Vincono le menzogne mediatiche e la paura, la miseria morale e la voglia d’ordine e legalità che non necessariamente significano libertà, lavoro, istruzione, futuro. Perdono gli ultimi di sempre, perché il teatrino della politica va avanti nonostante loro. Ma non perde chi pensa che un posto di lavoro si possa salvare con la solidarietà e la lotta, e che il razzismo si debba combattere, sempre. Forse perde chi si è illuso di cambiare con il voto, e chi non è riuscito ad andare oltre al non voto. Del resto non è una novità: gli sfruttati hanno sempre perso alla roulette elettorale, e i pochi diritti conquistati, sono stati sempre il prodotto di lotte e solidarietà. Fa bene ripeterlo. Ma i plebisciti elettorali non è detto che possano eternamente garantire l’impunità verso un potere che è sempre più inaccettabile.

FAI – Federazione Anarchica Italiana:
Gruppo “Michele Bakunin” – Jesi;
Gruppo “Francisco Ferrer” – Chiaravalle
Categorie
astensionista infopoint volantino

votare chi e per cosa?


Votare chi e per cosa?

Il prossimo 31 maggio si voterà in sette regioni italiane, fra cui le Marche. Elezioni importanti per i governi locali che decideranno ancor più sulla sanità futura, sul territorio, probabilmente a livello nazionale (via il senato entrano i rappresentanti delle regioni) e, senza sorpresa, su tasse e sussidi a livello locale.
La posta in gioco è alta, il territorio da conquistare attraverso una poltrona è potenzialmente ricco di offerte, affari, interessi, e clientele ed altro. Gli scandali avvenuti in questi anni, e in questi mesi non fanno sperare niente di buono, anzi. Non c’è stata regione dove non si sono avute spese pazze, a carico dei cittadini, corruzione di consiglieri, collusione con la criminalità e il continuo taglio di servizi, sicurezze, prestazioni sanitarie.
In quasi mezzo secolo di vita il risultato politico ed economico, ma soprattutto sociale dell’esistenza delle regioni in Italia è negativo, rivelandosi funzionale alla crescita delle disuguaglianze sociali, alla protezione dei profitti privati, alla devastazione del territorio.
Nelle Marche poi si assiste ad una tragicommedia politica e istituzionale dove il presidente Spacca, due mandati a maggioranza PD, adesso corre per il centrodestra. Giochi di potere che potrebbero anche non interessarci, ma le loro conseguenze, le cattive ricadute di una democrazia stracciona e di un capitalismo rampante e arrogante, saranno unicamente a carico dei più deboli, degli sfruttati, dei lavoratori, di vecchi, malati, stranieri e disoccupati.
Qualcuno dice che il sistema Marche tiene. Forse, ma diminuiscono i posti di lavoro, chiudono le fabbriche, scompaiono garanzie e tutele di ogni tipo. La sanità, nonostante la regione sia fra le più virtuose, subisce contrazione dei servizi e dell’accesso, per essere data in gestione a primari tuttofare al governo di interi settori medici su tutto il territorio di una provincia. Alla faccia della democrazia (loro)! E mentre si vendono balle che parlano di futura occupazione con lo sviluppo del turismo, quando piove un po’ più del solito, si allagano strade, case e quartieri.
Le Marche come territorio devastato dalla politica istituzionale e dai profitti di mercato, dove chi governa e chi sta all’opposizione ha sempre una scusa pronta per dare la colpa a qualcun altro … ma allora che ci stanno a fare? Al contrario gli esempi sono molteplici di lavoratori e cittadini che si mobilitano dal basso per difendere il lavoro (Cantieri ad Ancona e l’Indesit a Fabriano), la salute (Fossombrone e Chiaravalle contro la chiusura dei piccoli ospedali, o il grido degli operatori sanitari che non ce la fanno più), il territorio (contro rigasificatori, turbogas, ecc.).
Le Marche: l’Italia in una regione. Vecchio slogan di qualche anno fa ma verissimo e valido, e dunque come nel resto d’Italia, la difesa del lavoro, del territorio, della salute, e dei diritti, parte dal basso, dalle lotte, dalla solidarietà, e non dall’illusione di cinque minuti di democrazia, più sperata che rilasciata. Se tutti i soldi che vengono spesi in campagne elettorali fossero investiti nella risposta ai bisogni collettivi, molti problemi sarebbero risolti.
La scelta resta quella dell’autogoverno, delle risorse redistribuite, dei bisogni sociali soddisfatti, della cacciata di una classe politica al servizio unicamente dei padroni di sempre.


No grazie, meglio l’autogestione sociale!

F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana 
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle



Categorie
antifascismo volantino

contro la Fascista Italia – 25 aprile


Contro la Fascista Italia
L’Italia è stata condannata per tortura dalla corte europea dei diritti dell’uomo per i fatti di Genova nel 2001. Un bel riconoscimento per un paese che festeggia i suoi settant’anni dalla liberazione nazi-fascista. C’è poco da meravigliarsi. Dopo quel 25 aprile, tutto ciò che è stato conquistato in termini di diritti è stato frutto di lotte che si sono susseguite negli anni. Lotte dure, sempre represse dal potere. Se la dittatura fascista era stata cacciata a furor di popolo e sotto il peso dei suoi delitti e del suo fallimento, le idee fasciste non hanno mai smesso di trovare spazio nelle gerarchie istituzionali, imprenditoriali e culturali di questo paese. Ed oggi portano avanti una battaglia di conquista assoluta del potere che non ha precedenti nella storia dell’Italia repubblicana.

La scuola pubblica scompare sotto il peso di una riforma che la vuole sempre più privatizzata, di classe e in mano a presidi-padroni. La sanità pubblica cede sempre più terreno a quella privata, integrativa, lasciando intanto il potere dei baroni, delle case farmaceutiche, delle clientele di ogni tipo, mentre aumentano le iniquità sociali e nella salute. Per non parlare del lavoro, che si può sintetizzare in poche parole: Jobs Act del Governo Renzi.

Chissà come festeggeranno il 25 Aprile i 1350 operai messi come esubero dal Gruppo Merloni. O le famiglie di quelli che sono affogati davanti alle coste italiane, o di quelli che muoiono sul lavoro e di lavoro. Il fascismo ottanta anni fa inaugurava l’autarchia. Oggi in nome della crisi ci sono ministri che esaltano il lavoro non retribuito chiamandolo falsamente come volontariato, mentre c’è chi guadagna in un mese paghe e pensioni da fame tali che ci hanno fatto tornare indietro di decenni.

Il fascismo aveva il Ministero della Cultura Popolare, che aveva abbreviato nel significativo Min.Cul.Pop., oggi i media forse non sono così asserviti, ma il risultato nella libertà di informazione cambia poco dalla sigla mussoliniana. Oggi il culto del capo, del leader è tale e indiscusso che non esistono manco più i partiti e le idee, ma liste politiche con i nomi di autorevoli personaggi, che scompaiono spesso nell’arco di una legislatura. Oppure vengono riciclati di continuo nel gioco delle elezioni democratiche e libere. Chiamarle plebisciti è un eufemismo se si pensa allo spessore politico della ricandidatura, tanto per citare, dell’indigeno Spacca.

L’Italia è il paese dei “Santo subito” e dell’assolutamente si! Della riscrittura della storia e dei saluti romani allo stadio – e non solo. L’Italia è il paese dove è più facile che la politica produca malaffare che non investimenti per il futuro. In un paese libero la sicurezza si legge in termini di reddito, salute, lavoro, cultura. Altrimenti spuntano telecamere e pestaggi.

Noi consideriamo che al fascismo non ci si possa e non ci si debba mai arrendere. La forza della ragione e dei sentimenti, della solidarietà e della libertà è riuscita a costruire una società migliore dopo quel 25 aprile, e non ce la faremo scippare da quattro frustrati in camicia nera o in doppio petto. Oggi come sempre, la resistenza continua nella solidarietà di classe, nelle lotte degli sfruttati.



Saremo sempre partigiani!



F.A.I. Federazione Anarchica Italiana
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle