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La Rivoluzione Mancata 8-19 novembre 2014

La Rivoluzione mancata: Jesi e la Settimana Rossa.
8 – 19 novembre 2014, Palazzo dei Convegni Jesi
Mostra storiografica aperta tutti i giorni dalle 17 alle 20.
Programma:
Sabato 8, ore 17,30: saluto di apertura dei rappresentanti delle associazioni proponenti e di Luca Butini, assessore alla cultura di Jesi. Intervengono: Nino Lucantoni, curatore della mostra e direttore Istituo Gramsci Marche, Luigi Lotti, autore del volume: La settimana Rossa,
Lunedì 10, ore 17.30: Barbara Montesi e Giordano Cotichelli presentano il volume di Massimo Papini: Ancona e il mito della settimana Rossa.
Mercoledì 12, ore 17.30: Marco Severini, Lidia Pupilli e Silvia Serini presentano il libro: Giovani ribelli. L’altro giugno 1914. La settimana Rossa.
Venerdì 14, Sabato 15, Domenica 16 annuale edizione di Liberi Libri l’editoria libertaria ed alternativa in mostra.
Mercoledì 19, ore 17.30: chiusura con Massimo Raffaeli, critico letterario, presenta il libro: Inni a Satana, poesie sovversive 1860 – 1914.
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volantino

Vergogna?

Sabato 25 ottobre a Roma la CGIL porta un corteo di un milione di persone contro le politiche del governo. Mercoledì 29, sempre a Roma, gli operai della AST di Terni (più di 500 lettere di licenziamento pronte) manifestano a difesa del lavoro che rischiano di perdere. La polizia carica e alleggerisce a suon di manganellate i presenti, segretario FIOM, Landini, compreso. Insomma quattro manganellate e la contestazione di un milione di persone in piazza è presto cancellata.
La CGIL vede finalmente in volto il paese che anche lei ha contribuito a destrutturare, ma i suoi burocrati non ne pagheranno il prezzo. I suoi tesserati, la classe lavoratrice, già lo sta pagando. Il coraggio dell’ultima ora, la rabbia mediatica probabilmente arrivano troppo tardi. Nulla possono contro un governo che risponde per slogan, pizzini televisivi e arroganza da teleimbonitori. Un governo di tecnocrati e berlusconidi (Renzi compreso) scelto dagli accordi di segreteria, poltrona, ma soprattutto ossequiente in maniera totale con i padroni, i mercati e le banche.
Contro gli operai di Terni forse si è consumato l’ultimo atto dell’utopia di uno stato democratico, della rappresentatività elettorale, degli accordi sindacali e di uno stato sociale. E, mercoledì scorso, forse, è stato il primo atto della democratura antioperaia del bonapartista Renzi I.
Chiediamo diritti e lavoro, ci danno manganellate e menzogne, è ora di dire basta!

Solo la lotta paga!

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volantino

JOB ACT atto infame

JOBS ACT: atto infame

poco lavoro, precario e malpagato!

Da anni stiamo assistendo più o meno passivamente alla distruzione sistematica dei diritti fuori e
dentro i luoghi di lavoro con un sostanziale peggioramento della qualità della vita. Previdenza,
sanità, istruzione e potere d’acquisto dei salari sacrificati sull’altare del pareggio di bilancio in
nome di una crisi che continua ad arricchire i soliti noti e schiacciare nella disperazione e nella
miseria milioni di donne e uomini. In questo contesto, la proposta del governo Renzi, detta Job Act,
suona come la resa dei conti finale verso una classe operaia distrutta, incapace di reagire alla guerra
di classe che i padroni e le banche, spalleggiate da governi compiacenti, stanno portando avanti da tempo.
La riforma in questione viene spacciata come un atto di giustizia dovuto verso i lavoratori che non
sono tutelati. Di fatto non si realizza un allargamento dei diritti, ma un restringimento ulteriore
verso il basso che rende tutti “ugualmente” precari. Con un sol colpo vengono recisi gli ultimi
“lacci e lacciuoli” che sembravano la causa di tutti i mali che affliggono la nostra economia e che
rendono non competitive le nostre aziende. Si realizza il completo smantellamento dell’articolo 18
già fortemente penalizzato dalla Fornero. I neo assunti anche a tempo indeterminato potranno
essere licenziati con un indennizzo legato all’anzianità di servizio. Smantellata anche la
contrattazione nazionale a beneficio di quella territoriale (gabbie salariali), con contratti che
potranno variare, nello stesso comparto, da azienda ad azienda, da reparto a reparto, se non da
individuo a individuo.
Un quadro che potrà generare proteste, malumori, rivalità, competizioni ed allora le scelte di Renzi
prevedono anche la possibilità per i padroni di controllare a distanza (telecamere) i lavoratori.
Ammortizzatori sociali di vario tipo ridotti all’osso (tanto è passata l’abitudine di fare la carità –
inutile poi – di quando in quando, con oboli da 80 euro). Alla fine il padrone potrà fare quello che
vuole. Assumere, licenziare, pagare poco, pagare niente il lavoratore, demansionarlo con lo spettro
della disoccupazione e farlo vivere in uno stato continuo di angoscia per una crisi del lavoro infinità
che premia burattini politici, sciacalli finanziari, e sfruttatori capitalisti. E i lavoratori? Il Jobs Act è
quello che sembra a tutti: la sentenza di morte di qualsiasi dignità del lavoratore e la legalizzazione
della schiavitù del terzo millennio.

Ribellarsi a tutto ciò è giusto e doveroso. La manifestazione di sabato prossimo però si
presenta non meno insidiosa delle politiche renziane. Se fallisce da il via libera ad una
ubriacatura ulteriore dello sciacallaggio capitalista. Se riesce a mobilitare la piazza potrà
essere la moneta sindacale per gettare con decisione sul tavolo delle contrattazioni una
riconquista dei diritti perduti negli ultimi venti anni? Ne dubitiamo. O servirà ancora una
volta a dare unicamente legittimità ai burocrati sindacali?


Lavoro, diritti, dignità. Solo la lotta paga!


FEDERAZIONE ANARCHICA ITALIANA
M.Bakunin – Jesi
F.Ferrer – Chiaravalle
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antifascismo

cortei fascisti, antifascismo e lotta di classe

Cortei fascisti, antifascismo e lotta di classe.
Sabato 18 ottobre, in varie città Forza Nuova è scesa in piazza contro l’immigrazione, con numeri decisamente irrisori (fortunatamente) che però hanno richiamato alla mobilitazione antifascista ed antagonista. I risultati sono stati quelli “tipici” di certi appuntamenti: scontri, fumogeni, cariche, manganellate, fermi, denunce, anche se, alla fine, è stato raggiunto l’obiettivo di affermare la negazione (ossimoro che però rende l’idea) di ogni agibilità politica di piazze e città agli eredi del nazi-fascismo.
In una di queste piazze, Ancona, si è ritrovato tutto il mondo dei vari frammenti dell’eredità della resistenza: dagli anarchici ai centri sociali, dai vari partiti comunisti all’Anpi. Verso la fine della giornata, tornando a casa, due manifestanti incrociano una passante che domanda che cosa sia successo. Le rispondono che sono lì in opposizione alla manifestazione contro l’immigrazione. La donna capisce male e risponde: “Era ora, basta con questi immigrati. Tutti a casa!”. I due rimangono basiti e la donna si allontana. L’affermazione della donna è l’indicatore migliore del contesto politico sociale attuale, non solo di Ancona. Forza Nuova si mobilita nelle piazze, richiamando un fascismo populista e di pancia che nei fatti è già stato superato dallo stato di angoscia diffuso, dalla precarizzazione del lavoro e dall’impoverimento del ceto medio. La funzione squadrista degli eredi del Duce non è messa in discussione, ma la società cui si riferiscono, di fatto è più fascista di loro, pronta a scendere in strada per dare la caccia al nero, a fare la spia al padrone, a gridare al linciaggio qualsiasi cosa accada purché la colpa sia ascrivibile a “non italiani”. Ricordate la caccia all’albanese dopo il massacro familiare di Novi ligure? Accadeva una quindicina di anni fa e da allora la società italiana si è ulteriormente imbarbarita e atomizzata.
Allo stesso tempo i due militanti, che rimangono stupiti dalle affermazioni della donna,
rappresentano una testimonianza dell’incapacità dell’antagonismo di classe di essere strumento attivo di lotta in grado di andare oltre la semplice mobilitazione di piazza dell’ultima ora. Fabbriche che chiudono, leggi liberticide, tagli forsennati alle garanzie sociali e bonapartismo politico hanno reso talmente ampio e complesso il fronte degli interventi e delle lotte che qualsiasi difesa approntata si polverizza in mille rivoli, in tante corse a prendere la testa del corteo, la legittimazione
delle piazze e delle urne. Un quadro funesto appena mitigato dalle proteste e dalle ribellioni che periodicamente si manifestano, ultime quelle di Terni e dei mercati generali di Torino, o dalle lotte che ancora resistono (come in Val di Susa).
Difficile trarre conclusioni se non quelle di un richiamo comunque continuo alla mobilitazione, pena lo scoramento generale. Una volta con le espressioni paese legale e paese reale, si tendeva a sottolineare la distanza fra le istituzioni (e gli interessi privati e di profitto di cui sono portatrici) e i bisogni della collettività. E’ da augurarsi che queste espressioni oggi non rappresentino in realtà la
distanza fra le aspirazioni di una società migliore e i bisogni di una società migliore. Forse le
provocazioni neofasciste possono fornire in tal senso ulteriori termini di riflessione.


Un* compagn* che c’era.
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