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General volantino

“Pestis et circenses”. Tutto si può in nome del calcio?

Se un gruppo di operai dell’Elica fosse salito sul monumento ai caduti a Jesi, con uno striscione per chiedere lavoro, subito qualcuno avrebbe gridato al vilipendio delle forze armate. Se qualche ragazzotto immigrato si fosse fatto un selfie con il cartello divelto di una via, subito si sarebbe scatenato il perbenismo italiota. Ci sara` comunque qualcuno a promettere che, in tutti i casi, verranno presi provvedimenti in nome della sicurezza. In una società sempre più alienata, povera e dispotica, ci sono follie permesse come il femminicidio per amore o l’omofobia come ragazzata, e proteste represse. Se le cose vanno male, la colpa è del singolo, dotato del libero arbitrio concessogli, per il tempo di una partita, e caricato del monito istituzionale: “Mi raccomando, stiamoci con la testa”. Divertirsi e` stato il motto del CT agli europei. Divertirsi per noi significa anzitutto avere la sicurezza di un salario adeguato, di una casa decente, di essere certi di poter tornare a casa dal lavoro vivi e sani. Telecamere, pattuglie e bidoni smart sono solo la coscienza pulita di un giocar sporco.
Saliranno i contagi fra quindici giorni? Il corona virus è l’ultima delle cause di una pandemia in atto da molto prima del Covid-19.

FAI – Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. bakunin” – Jesi
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle

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cineforum

Ora d’aria – rassegna cinematografica

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comunicato stampa

le Marche contro la violenza sulle donne?

Comunicato stampa del 24 giugno 2021
   E’ di venerdì la notizia che annuncia l’inaugurazione di un convegno che dal 25 al 27 giugno renderà le Marche, in particolare Senigallia, “capitale della lotta contro la violenza sulle donne”. Buona cosa, a prima lettura. Ma assumendo una visione più universale del tema ci si accorge che c’è un abisso di cose che non vanno.

Sarebbero le Marche la capitale della lotta alla violenza di genere? La stessa regione che durante il lockdown della scorsa primavera dovuto all’emergenza sanitaria ha registrato dati inquietanti: rispetto al 2019, le telefonate effettuate al numero verde per le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking sono aumentate del 73%; tra marzo e giungo, le vittime di violenza che hanno fatto richiesta di aiuto sono più che raddoppiate (+59%) e in poco più di un mese, fra marzo e aprile, oltre 1200 donne in più rispetto all’anno precedente si sono rivolte ai centri anti-violenza D.i.Re. Tutti dati Istat.

E ancora, sarebbero le Marche la capitale della suddetta lotta? La regione la cui giunta di destra, con la solita tracotanza di chi pensa di potersi arrogare con sopraffazione il diritto di poter scegliere per gli altri ciò che è meglio, ha rifiutato di applicare le linee guida ministeriali in merito all’aborto farmacologico nei consultori. Alla destra “pro-life” non interessa difendere la vita, ma la produttività, l’integrità della loro presunta “famiglia tradizionale”. I pro-life non muovono un dito quando a morire sono le donne schiacciate nelle mura di casa o nei luoghi di lavoro, o le madri che affogano ogni giorno nel Mediterraneo, questo perché ciò che conta per loro è la difesa di un sistema che indirizza i sessi alle loro mansioni, un sistema economico nel quale la donna mai sarà libera.

Ma alla conferenza di Senigallia non si parlerà di queste violenze, si parlerà di legittima difesa e di “nuove risposte” a “nuovi fenomeni”. Colpisce molto che si parli di “novità” in merito alla questione. Non c’è niente di nuovo ne` di antico, come taluni cercano di sottolineare parlando di “medioevo dei diritti”, basta fermarsi al  più vicino 1930, anno in cui fu` emanato il Codice Rocco, in cui si parlava contraccezione e aborto come crimini “contro l’integrita della stirpe”, codice superato solo nel 1989. Parole non troppo lontane da quelle di un noto consigliere regionale, vero?

Invece di affrontare la questione alla radice, si pensa come sempre di poter ricorrere a palliativi accattivanti, proclamando le Marche un fronte di lotta contro la violenza sulle donne promuovendo “lezioni di autodifesa”. Invece di avanzare un superamento del problema, si propone una difesa (la cui efficienza risulta dubbiosa) da esso, come se il problema fosse ineliminabile, insito nella natura.

    Sappiamo cos’è la violenza e di certo non è naturale, ce lo avete insegnato voi negandoci i diritti conquistati soltanto ieri. Non restare soli di fronte alla loro arroganza  è la nostra unica arma.
Centro Studi Sociali “O. Manni” di Senigallia
FAI – Federazione Anarchica Italiana
   sez. “M. Bakunin” – Jesi
   sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle
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volantino

Morire da schiavi o lottare da vivi?

Adil Belakdim, Luana D’Orazio, e poi Mattia, Antonio, Giuseppe, ed altri ancora sono morti di lavoro. Tanti, troppi. Tutti che sono usciti di casa per andare a lavorare, per poter vivere, ed invece il lavoro li ha ammazzati. I padroni del lavoro, e il sistema di lavoro che vuole salari e sicurezza tagliati in nome del profitto di pochi a danno di molti. E per fare questo un camionista crumiro ammazza un sindacalista in lotta. Un sistema politico mette contro morti di fame italiani contro morti di fame immigrati in una lotta fra poveri che ha un solo vincitore: il padrone. Qualcuno ha detto che c’è in atto una guerra di classe in Italia. Non è vero.

Quello in atto in realtà è un massacro di classe fatto di morti, infortuni, ammalati, garanzie sociali, sanitarie, previdenziali e salariali rubate. Un massacro, mentre c’è chi guadagna parcelle profumate senza aver fatto mai niente in vita sua, e accusa chi suda ogni giorno una miseria di salario di non volere la ripartenza. Mentre c’è chi si riempie la bocca di diritto alla vita, per negare quello ad una maternità libera, ma dimentica che la vita viene continuamente negata da un sistema lavorativo da schiavi.

La ripartenza è iniziata da un pezzo a suon di morti sul lavoro, di un’istruzione negata, di un padronato che si è fatto ancora più arrogante in nome di un’economia – la sua – che deve ripartire. In queste ore molti solidarizzano con la famiglia di Adil, come è stato fatto per quella di Luana, e di mattia, Antonio, Giuseppe. Come si fa sempre, ma poi tutto passa, e si torna più soli e più poveri e disperati. Ecco, se qualcosa si può scrivere oltre la rabbia, è che tanto più rimarrà alto il grido di accusa contro le morti sul lavoro, tanto più la solidarietà di classe durerà un giorno di più. E’ tempo di non rimanere più da soli a difendere il diritto ad una vita dignitosa per tutti, contro chi è disposto a sacrificare quella altrui in nome del suo proprio crudele potere e profitto personale.

E` tempo di non fare più affidamento su chi nelle sedi istituzionali, politiche e sindacali fino ad oggi ha legittimato e concesso totale libertà ed impunità nel tagliare diritti e garanzie lavorative e sociali.

FAI – Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi

    sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle

Gruppo Anarchico “Kronstadt” (senza fissa dimora) – Ancona

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volantino

La lotta dell’Elica riguarda tutti