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vignetta volantino

sui fatti di Roma














Sui fatti di Roma
L’arroganza e la prevaricazione con cui il premier ha annunciato il varo dei decreti attuativi per il Job Act dovrebbe fare alzare più voci di protesta che non il vandalismo di un branco di Hoolingans o le minacce bellicistiche dei signori della guerra del Sud del Mediterraneo.
Il premier gioisce per la scomparsa dell’Articolo 18 dello statuto dei lavoratori, conquistato con le lotte e strumento di garanzia di diritti lavorativi, mentre il “suo” (in realtà è farina del sacco del padronato italiano) Job Act allargherà solo sfruttamento e miseria.

L’ex-sindaco fiorentino parla di rendite di posizione eliminate. Quali? Quelle di banchieri, baroni, notai, burocrati e faccendieri vari? Queste non le ha toccate nessuno. Ed intanto continua la menzogna che la facilità di licenziamento permetterebbe la facilità di impiego, in una guerra però fra schiavi disposti a gareggiare fra loro per chiedere di meno al padrone di turno. Gli investimenti dovrebbero essere favoriti dalla facilità di licenziamento e da un precariato a vita? E quale fine economista ha affermato ciò, dimenticando la lotta all’evasione fiscale, alla corruzione, alla concussione, al nepotismo e al clientelismo?

E intanto il premier gioisce. Che avrà da ridere in un paese dove fra i morti sul lavoro si iniziano a contare anche quelli dovuti a suicidio causa la disoccupazione, il licenziamento, il precariato. Sono circa 900 all’anno. Gli Hoolingans, quelli veri, non stanno a Piazza di Spagna o sulle sponde del Mediterraneo.

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CONTRO LA GUERRA

2,8 mld. di euro per i caccia Eurofighter, le fregate Fremm e nuovi blindati. Sono stati calcolati in totale 23,5 mld. di euro di spese militari in Italia, con un incremento di 850 mln per le missioni.
Essere contro la guerra, contro le spese militari, le avventure belliche di ogni tipo per rivendicare un diritto al futuro che vuol dire pace, lavoro, salute. Per tutti. E’ lottare contro chi vende le armi, alimenta l’odio, ammazza in nome di una patria, una civiltà, una religione o per il profitto; in Ucrania, Siria, Libia e ….in Italia

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Un brutto editoriale.
Eugenio Scalfari nella sua rubrica settimanale “Il vetro soffiato”, dell’Espresso del 19 febbraio si mette a parlare di democrazia, verità e governi possibili e, non stupisce, fa qualche incursione scontata sull’anarchia. Nel complesso il pezzo è brutto, un po’ confuso all’apparenza, ma chiaro in profondità: l’articolo è rivolto alla classe dirigente attuale e alle riforme, ai metodi, ai cambiamenti che questa, tramite i suoi governanti, e sui suoi governati, sta attuando. Fra le righe sembra di cogliere un misto di rimbrotti e delusione per una società, quella italiana, che sta sempre più scivolando verso un gattopardismo noto, un autoritarismo altrettanto noto in un quadro di impoverimento generale progressivo in una guerra di tutti contro tutti, o meglio di pochi oligarchi contro i dominati. L’ex-direttore di “La Repubblica” sembra insomma preoccupato per la deriva autocratica che il paese sta prendendo, vedendo in essa, in primis, il fallimento di una visione liberal-democratica che egli e il suo giornale, per decenni hanno portato avanti e che, nei fatti, non sembra aver dato alcun valore aggiunto alla società italiana se, a più riprese, questa ha seguito inerme l’arroganza della Milano da bere del craxismo, i miracoli berlusconiani, le riproposizioni dei governi di unità nazionali e il ritorno della buona e vecchia balena bianca del renzismo rampante e twittatore. Insomma l’articolo sembra quasi un’introduzione di un qualche scritto sul fallimento storico della prospettiva democratica e liberale a fronte dell’onnipresente società sabauda, borbonica e papalina (qualcuno direbbe clericale, massonica e mafiosa) che governa da sempre la penisola. Libero, Scalfari, di pensare e scrivere ciò che vuole, ma farlo veicolando il suo pensiero con riferimenti al “terrorismo” e al fallimento storico dell’anarchismo, è intellettualmente sbagliato. Parlare di anarchia e di anarchici in termini di eterni sognatori e utopisti rientra nel più banale stereotipo costruito per nascondere come in realtà la società umana riesca a governarsi e a vivere meglio fuori dalla gerarchia statale, delle armi degli eserciti e del mercato. Gli esempi in merito, è certo, lo stesso redattore è in grado di trovarli e citarli. Al tempo stesso usare l’accoppiata anarchismo e terrorismo in un paese che ha visto le bombe fasciste a Piazza Fontana, quelle mafiose un po’ dovunque, i servizi segreti “deviati” – espressione di quella verità che governa di cui l’articolo in questione parla – sbizzarrirsi in attentati ed ammazzamenti vari, mentre questo paese forte della sua secolare esperienza coloniale nel Mediterraneo si prepara a massacrare civili libici … parlare quindi di terrorismo riferito agli anarchici, significa scivolare nell’antistorico e nel ridicolo, se non nella visione cara ai vecchi stalinisti. E poi, fatti salvi gli interessi editoriali, d’opinione e di lobby, se non fosse stato proprio per una libertà di pensiero, per una verità e diversità diffusa, presente nella società italiana, frutto di lotte partigiane e sindacali e non di editoriali, probabilmente l’altra verità di Repubblica nel ’76, non avrebbe visto mai la luce nel dominio assoluto delle verità delle maggioranze dei grandi giornali di partito e di potere. Verrebbe quasi voglia di suggerire al redattore dell’articolo di riguardarsi la storia dell’umanità e non tanto quella dell’anarchismo o del movimento operaio, ma forse non è il caso di sollevare altre verità da cercare. Duole però rilevare che, un settimanale come l’Espresso, continui lungo un cammino che sembra più utile a consolidare lo status quo presente che non a metterlo in discussione, come nei fecondi anni in cui era nato e nei quali si fece portatore di tante battaglie civili e sociali. In chiusura è giusto tranquillizzare Scalfari sul fatto degli “anarchici sterminati”. Se ne faccia una ragione, riferirsi ai piccoli numeri di gruppi e circoli presenti, o alla scomparsa come movimento di massa (come un secolo fa) in relazione agli anarchici e all’anarchismo, è riduttivo e fuorviante. Loro, anzi noi, gli anarchici, ed esso, l’anarchismo, sono molto più presenti e diffusi nella società di quanto non si voglia vedere, altrimenti, con tutte le ruberie e i massacri delle verità dominanti, questa, la società dello stato e del mercato, sarebbe collassata su se stessa molto prima. Gioco forza gli sfruttati, per mantenere in vita se stessi, concorrono a sostenere la stessa società che li sfrutta. Ma questa è un’altra storia, molto più anarchica e libera che non democratica e vera.
Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” – Jesi
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concerti

Electro/Jazz noise Fest












































Domenica 22 Febbraio 

 ELECTRO/JAZZ NOISE FEST 

Ingresso Gratuito
e a seguire CENA VEGAN!
INIZIO ORE 17:30! 


– JOOKLOO DUO (Noise Jazz Sperimentale)

– GELBA (Impro / Guitar, tape loops and field recordings)

– PENSIERI DI UN CANE feat.
TOMMY PALMER (Impro / Space Noise Electro Post)

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vignetta volantino













4,07 euro e 6 mesi
Un barbone ucraino è stato condannato a Genova per il furto di un pezzo di formaggio e di una confezione di wurstel. Il valore della refurtiva: 4,07 euro. La condanna: sei mesi di galera e 160 euro di multa. Superfluo ogni commento senza cadere nel patetico, nello scandalistico o nell’ipocrisia pelosa di una società fondata strutturalmente sull’ingiustizia. La sentenza ci ricorda che viviamo in una società classista, che punisce, affoga, tortura, bombarda, sfrutta i più poveri e tutela e garantisce i più ricchi. Non ci meraviglierebbe se qualche mente eccelsa, in cerca di voti, o non contenta di dimostrare la sua nullità mentale, si trovasse ad affermare che è così che si combatte la clandestinità e la criminalità. Ci addolora invece che a dar ragione a questi squadristi della parola sia in maggioranza povera gente, preoccupata di sopravvivere, di non scontentare il padrone, di vivere nella continua lotta contro il suo simile, in una infinita guerra fra poveri. Poveri che riempiono le galere di tutto il mondo, i fondali marini delle coste del primo mondo e che sono rannicchiati nel buio, in silenzio, in attesa che l’ennesimo bombardamento, in Ucraina o in Siria, finisca e li risparmi. Questo accade oggi, ma non sarà sempre così.