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25 ANNI DI LATITANZA COPERTA DALLO STATO
ALLE VOLTE MUOIONO ANCHE I CARNEFICI LASCIANDO SEGRETI I MANDANTI

Dalla testimonianza di Lorenzon ai giudici Stiz e Calogero si imboccò la pista dei neofascisti veneti per la strage di piazza Fontana. Ecco i 25 anni di fuga e latitanza di Giovanni Ventura
Per la Corte di Cassazione Giovanni Ventura, morto lunedì scorso a 66 anni a Buenos Aires, e l’amico Franco Freda «capitanavano un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine nuovo» che progettò e organizzò la strage di Piazza Fontana. E i parenti di quei 17 morti e gli 84 feriti ancora vivi vogliono ricordare, anche perchè per quella strage nessuno è stato condannato. Ma loro – come tutti – sanno, perchè la storia ormai non ha più dubbi: quella strage – la prima – fu opera dei neofascisti veneziani e padovani capeggiati da Ventura e Freda. Per la giustizia italiana, invece, non ci sono responsabili: le prove e le dichiarazioni che inchiodano il trevigiano e il padovano, infatti, sono state raccolte dopo che i due sono stati definitivamente assolti e non più processabili per quel terribile attentato, che non solo provocò morte e dolore, ma che cambiò anche la storia d’Italia.
Ventura si rifugiò in Argentina oltre 25 anni fa, aprì un ristorante, uno dei locali italiani più frequentati, il «Filò». Da allora, nella sua Castelfranco Veneto, tornò una volta sola, per il funerale del fratello Angelo, morto in un incidente stradale in Austria nel maggio di tre fa. Era scappato perchè sulla sua testa pendeva un ergastolo (poi cancellato), quello della sentenza di primo grado della Corte d’Appello di Catanzaro del 1979. Anche Freda, come altri neofascisti in seguito anche perchè protetti e foraggiati dallo Stato, in carcere non rimase a lungo, riuscendo a nascondersi in Costa Rica.
A metterlo nei guai era stato un suo vecchio amico conosciuto al liceo, il trevigiano Guido Lorenzon, il quale fece imboccare la pista nera, dopo la prima ipotesi che aveva puntato su Pietro Valpreda e gli anarchici del Ponte della Ghisolfa. Lorenzon fu ascoltato: il giudice Giancarlo Stiz, ora in pensione, e il giovane pm Pietro Calogero, ora procuratore generale in laguna, gli credettero. Allora Ventura era un piccolo editore e libraio a Castelfranco, e a Lorenzon raccontava di collaborare con i servizi segreti e si lamentava di quanto erano costate le bombe sui treni – «Centomila lire l’una, miseria. Centomila!» – e gli chiedeva di ospitare armi ed esplosivi. E pochi giorni prima di piazza Fontana, gli sussurrava: «Vedrai, succederà qualcosa di grosso a Milano».
Il giudice di Milano Guido Salvini, che per anni ha indagato su piazza Fontana senza ottenere purtroppo una condanna, ieri ha sottolineato che aveva segnalato l’opportunità che Ventura fosse sentito (anche perchè gravemente malato), così come chiesto dal legale di parte civile dei famigliari delle vittime della strage. Ventura, secondo il giudice milanese, fu «figura cruciale», in quegli anni, nell’ambito dell’eversione di destra. Era lui, infatti, a «muoversi per conto dell’organizzazione per curare il piano eversivo» ed era sempre Ventura «a tenere i rapporti con Giannettini e il Sid a Roma». Ventura, però, fu anche una figura «fragile»: al processo di Catanzaro confessò di avere preso parte agli attentati preparatori del gruppo, ma di aver osservato da distante («come in un cannocchiale rovesciato») la preparazione della strage milanese. Un Ventura «velleitario»: si attendeva «importanti incarichi», una volta portato a termine il progetto eversivo.

fonte: il mattino – di Giorgio Cecchetti http://mattinopadova.gelocal.it/dettaglio/ventura-da-25-anni-in-fuga-poteva-dire-la-verita/2230360

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2 agosto 2010 – 2 agosto 1980

A 30 ANNI DALLA STRAGE DELLA STAZIONE DI BOLOGNA
IL VOLTO NERO DELLO STATO
Sono passati trent’anni da quella mattina in cui 85 persone hanno perso la vita a causa di una bomba composta da 23 kg di esplosivo,sistemata con accuratezza e determinazione nella sala di aspetto di una stazione ferroviaria,messa lì apposta per causare il maggior numero di morti.

Ce lo vogliamo ricordare questo fatto perchè si inserisce, insieme a tanti altri, nel periodo più buio della storia repubblicana di questo paese. Una storia intrisa dal sangue di persone innocenti,colpevoli solo di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una storia fatta di stragi e violenza sistematica,usata dallo stato e dai suoi bracci armati per destabilizzare e dividere le parti sociali, incutendo la paura nella gente comune.

“Quando la borghesia vede che il potere gli sfugge di mano,ricorre al fascismo per mantenere i suoi privilegi”. Questa storica affermazione, fatta dall’anarchico Durruti in un’intervista nel 1937, non può non ricondurci agli anni della cosiddetta “strategia della tensione”(e non solo),dove depistaggi,insabbiamenti e coperture da parte dello Stato italiano e dei suoi organi interni(ufficiali e non) furono così presenti e determinanti da cambiare per sempre l’assetto politico,economico e sociale di questo paese.

I FATTI

Bologna,ore 10 e 25 del 2 Agosto 1980, è sabato e fa molto caldo. Quella mattina la stazione centrale è ingolfata di gente. C’è chi va o torna dalle vacanze insieme alla famiglia,chi va al mare oppure chi deve andare al lavoro. Ci sono anche persone che al lavoro ci sono già,come i ferrovieri,gli addetti alle pulizie o i dipendenti dell’azienda di ristorazione “Cigar”,che ha i suoi uffici proprio sopra le sale d’aspetto di prima e seconda classe.

Proprio in quest’ultima sala d’aspetto scoppia una bomba. L’esplosione è così forte che provoca il crollo delle strutture sovrastanti la sala e addirittura investe il treno Ancona-Chiasso fermo al primo binario. Il boato riecheggia in tutta Bologna e viene sentito anche nei paesi limitrofi.

Mentre la notizia in poche ore si diffonde in tutta l’Italia,il capoluogo emiliano si trasforma in una gigantesca macchina di soccorso che vede impegnati un gran numero di ambulanze e vigili del fuoco, i quali giunti sul posto si trovano davanti uno scenario a dir poco “surreale”.

Alla fine delle operazioni che dureranno diversi giorni il bilancio è sconvolgente.

La bomba ha ucciso 85 persone e ne ha ferite altre 200 tra uomini,donne e bambini provenienti da 50 città diverse, italiane e straniere.

UNA RIFLESSIONE

Crediamo sia importante ricordare questi fatti,il modo in cui si sono svolti e quello che ci hanno lasciato. Dobbiamo riflettere bene su di essi da persone libere e non come faranno le varie reti televisive che con il loro “servizietto” giornalistico di due minuti si sentiranno la coscienza a posto. Il ricordare un fatto come questo deve essere un punto di partenza per il risveglio delle coscienze di tutte quelle persone che vedono il fascismo e la violenza di Stato ormai lontana e relegata nei libri di storia. Un modo per riflettere sullo stato di cose attuale e sull’ordine costituito che giorno dopo giorno mostra sempre di più le sua vera natura.


Fascismo e violenza sono insiti nelle istituzioni. In alcuni momenti storici vengono usati con maggiore forza dai padroni e da chi governa,in modo da stringere sempre di più il cappio che ognuno di noi ha intorno al collo sin dalla nascita,in modo da uniformarci,dividerci e controllarci meglio,indirizzando le nostre scelte verso i loro interessi.

Oggi le bombe,le stragi, i morti di piazza o nelle stazioni non ci sono più ma al governo ci sono le stesse persone di trenta’anni fa che continuano a fare i loro sporchi giochi di potere sulle spalle delle classi deboli.

Quest’anno i rappresentanti del governo non saranno presenti alla commemorazione della strage,evidentemente troppo impegnati a costruire un paese basato sull’ingiustizia e sulla disuguaglianza sociale o a insabbiare qualche nuovo scandalo politico-finanziario…



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24 maggio 2010 comunicato stampa


Cessione del Chiostro dell’Abbazia di Chiaravalle alla curia.

L’idea di cedere alla Curia il Chiostro dell’Abbazia, la dice lunga sulla situazione dell’Amministrazione Comunale di Chiaravalle.
Questa vorrebbe puntare sul turismo per rispondere alla carenza occupazionale, poi è pronta a rinunciare ad un gioiello pubblico – il Chiostro appunto – a favore della Chiesa, senza un perché, o qualche garanzia di fruizione pubblica, soprattutto senza una chiara prospettiva di guadagno per la collettività; domani magari, in un luogo pubblico e storico come il Chiostro, se i liberi cittadini o turisti, vorranno farsi una fotografia dovranno pagarne il prezzo alla Chiesa?
A peggiorare il quadro c’è quanto ha detto il PDL cittadino cui ricordiamo che non siamo a Fiastra e che sono stati i lavoratori della Manifattura a caratterizzare la città, quindi dovrebbe essere più giusto e logico un museo a loro dedicato.
O alla figura del sindacalista Sterlacchini, o alle sigaraie che ci hanno lasciato il Viale della Manifattura,oltre al loro spirito associazionista.
Ci chiediamo dove è finita la laicità dell’amministrazione che, allora per risparmiare i soldi per la costruzione della torre dell’acquedotto, proponeva di costruirla sul tetto dell’Abbazia stessa.
Il quadro è desolante. Il governo locale dovrebbe preoccuparsi di arricchire il patrimonio collettivo, investirlo per la pubblica utilità, stimolare la solidarietà sociale, specie in una fase difficile come quella attuale, invece di fare regalie a privati, navigare a vista, perdere la memoria storica.
F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana
sez. Francisco Ferrer – Chiaravalle
sez. Michele Bakunin – Jesi

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1° MAGGIO – Comunicato Stampa

Il Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” di Jesi organizza anche quest’anno delle iniziative pubbliche per il 1° maggio. Alle ore 10,30 presso i giardini Sacco e Vanzetti (ex-carceri) comizio pubblico sulle tematiche del lavoro, seguirà pranzo sociale presso la sede di Via Posterma 8, e nel pomeriggio alle ore 16, proiezione del film-documentario inedito: “Lucio Urtubia, rapinatore, anarchico, ma soprattutto muratore del regista spagnolo Josè Goenaga. L’iniziativa è come sempre un momento collettivo per sottolineare le problematiche del lavoro, a livello nazionale e locale. L’attuale crisi economica ormai ha scatenato da tempo una vera e propria guerra di classe unilaterale che vede farne le spese la collettività, gli sfruttati, i lavoratori, con aumento della disoccupazione e della precarietà. In zona le fabbriche chiudono, o delocalizzano o chiedono incentivi, e comunque licenziano in continuazione. Siamo condannati ad un futuro di precarietà, insicurezza, miserie e guerre fra poveri o la dignità e la volontà della classe operaia che ha contribuito a costruire i diritti sociali e civili può (e deve) far sentire ancora la sua voce?

Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” – Jesi

29 aprile 2010

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COMUNICATO STAMPA

In merito alla manifestazione organizzata dai vari Comitati ambientali delle Marche lo scorso 20 febbraio ad Ancona, vogliamo sottolineare alcuni passaggi. Come anarchici di Jesi e della provincia eravamo presenti anche noi a difendere le ragioni della salute e del lavoro, al fine di evidenziare il nostro impegno contro la riconversione della Sadam,e più in generale contro il saccheggio del territorio, in regione come in Italia. C’eravamo, al pari di tanti altri cittadini che esprimevano la democrazia diretta tipica dei comitati. Eravamo presenti non con le nostre bandiere ma con quelle di altri comitati: anti-Tav e No dal Molin. Ciò nonostante, mentre veniva “denunciato” il comportamento antidemocratico di Belcecchi e del PD, proprio alcuni rappresentanti del comitato di Jesi non ci permettevano di prendere la parola, perché politicamente “etichettati”. Peccato. Un’occasione mancata di crescita ulteriore, in quanto non si può dare dell’antidemocratico agli altri e poi, con scuse pretestuose negare la parola a chi condivide la stessa battaglia, senza mirare a voti, poltrone, assessorati, crisi di maggioranza, ecc. A differenza forse di chi, in piazza ad Ancona, si è fatto il suo bello spot elettorale per andare a governare a fianco proprio di coloro che oggi sono contestati dagli stessi comitati. Ma l’obiettivo della lotta contro la Sadam è la tutela dell’ambiente, della salute e dell’occupazione contro i profitti privati, o ergersi a paladini di una democrazia ricca però di molti se e molti ma? E pensare che l’antidemocratico Belcecchi agli anarchici (sempre contrari alla sua politica) non ha mai negato la parola.
21 febbraio 2010
F.A.I. – Federazione Anarchica Italiana
Gruppo “Bakunin” – Jesi,
Gruppo “Ferrer” – Chiaravalle
Centro studi libertari “L. Fabbri” – Jesi,
Circolo libertario “A. Franca” – Fabriano,
Circolo studi sociali “O.Manni” Senigallia