Senza lavoro
La crisi continua a far sentire il suo peso in zona. Alla Fiat CNH 32 interinali (famiglie) sono senza lavoro, più i 18 lavoratori della IRIS Bus e Iveco Brescia messi in mobilità (o in CIG). Alla Andelini di Monsano notificate 67 lettere di licenziamento, mentre dopo la chiusura i 30 dipendenti della Zincol Marchigiana si troveranno senza lavoro. A Fabriano alla JP Industries (ex-Ardo) si lavora a singhiozzo e alla Indesit la ristrutturazione va avanti nelle incertezze occupazionali.
Sul fronte provinciale la situazione permane critica ai Cantieri Navali di Ancona, nonostante qualche commessa, all’Api, nel settore dei trasporti in generale, mentre la profonda ristrutturazione del settore della sanità marchigiana ha cancellato centinaia di posti di lavoro negli ultimi mesi e già si profilano licenziamenti nel privato (6 ostetriche e due medici a Villa Igea).
L’assurdo (ma non tanto nell’ottica liberista) è che a fronte del profondo taglio occupazionale aumentano enormemente i carichi di lavoro, con conseguente abbassamento dei livelli di sicurezza. Sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, per l’arroganza padronale e per l’attualità della parola d’ordine: “Lavorare tutti, lavorare meno”.
Di fronte a tutto questo la classe politica nella migliore delle ipotesi si dice disposta ad accettare ogni diktat imprenditoriale pur di “ammorbidire” la de-industrializzazione in atto. In generale la macelleria occupazionale e la cancellazione di redditi da lavoro per molte famiglie lascia indifferente gli sciacalli del palazzo come sempre preoccupati di spartirsi il territorio, commesse, appalti e di ingraziarsi i poteri economici che dettano arbitrariamente la legge del più forte: garantire i profitti padronali, abbassare gli stipendi, tagliare le tasse ai padroni (e di conseguenza i fondi per lo stato sociale), ottenere soldi, fondi e investimenti statali per un capitalismo buono solo ad essere arrogante e a produrre miserie e ad esportare sfruttamento. In qualche caso se le casse istituzionali sono vuote, come a Jesi, l’Amministrazione abbassa la soglia degli esenti e arriva a tassare anche i “patrimoni” sotto i 10.000 euro all’anno (850 mensili) e forse prenderà provvedimenti di fronte alla povertà estrema … se si trasforma in mendicità invasiva, molesta o indecorosa che sia. I poveri, si sa, hanno sempre dato fastidio.
Jesi, l’anconitano o le Marche non possono certo sfuggire alla crisi economica in atto che imperversa in Italia o in Europa, ma è certo che la solidarietà e l’organizzazione sociale dei bisogni e delle risorse non è materia che interessa chi sta al potere. Per contro si potrebbe sperare in una qualche forma di conflittualità politica e sindacale organizzata, autogestita, rivendicativa e partecipata, che permetta di frenare la guerra di classe portata avanti dal padronato. Purtroppo le risposte di questi ultimi anni ed anche le prossime scadenze di lotta non sono riuscite ad essere all’altezza delle urgenze sociali.
Lavoro e una vita sicura sul piano economico e sociale, queste le parole d’ordine su cui ricostruire reti, confronti, proteste e lotte, contro ogni sciacallo di mercato e di poltrona.
FAI – Federazione Anarchica Italiana
Gruppo “Michele Bakunin” – Jesi
Gruppo “Francisco Ferrer” – Chiaravalle
fip. Via Pastrengo 2 – Jesi