Eccoci arrivati alla fine di questo 2014, pessimo dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, che continua ad essere tutelata solo nelle leggi e nelle carte scritte. Nelle aziende marchigiane si assiste ad un calo
degli infortuni mortali sul lavoro – rispetto ai dati del 2013 (-3,9%) – ma non certo quello che ci si
aspetterebbe visto “l’arresto occupazionale” di interi comparti considerati più a rischio come l’ edilizia.
Forse i milioni di euro spesi in prevenzione sono una goccia nel mare, o peggio non sono seguiti da
controlli capillari e sanzioni ai datori di lavoro, lasciando cosi i lavoratori in balia del ricatto padronale vale a dire “lavoro in cambio della non sicurezza” . Non considerando i casi di incidenti in itinere, ci sono stati oltre 20 morti sul lavoro in regione in considerazione del numero di occupati di circa 623.000, in calo di circa 20.000 unità all‘anno dall’inizio della crisi. Facciamo notare che l’indice di infortuni in relazione all’età lavorativa è in aumento in proporzione all’età del lavoratore, come a voler dimostrare che l’allungamento dell’età pensionabile in Italia ha un unico scopo: quello di fare cassa per il governo e far rischiare la vita a chi con il proprio lavoro ci mangia ogni giorno. Spaventoso è il caso della Provincia di Fermo che a fronte del più basso numero di occupati in regione (71.813) ha ben 6 incidenti mortali e si trova al 9° posto in Italia come indice mortalità/occupati. La perdita di forza contrattuale da parte dei lavoratori si rispecchia nelle precarietà di condizioni di lavoro; le fasce più deboli vengono ancor più
calpestate dai padroni, anche quelle tutelate dalle leggi (legge 68 del 99), come sempre – qualora fatte
rispettare – con mille proroghe e distinguo. I dati della Provincia di Ancona sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità dimostrano come sia le aziende private che gli enti pubblici non rispettano la legge, senza incorrere in sanzioni e senza che si riesca a far cambiare questa situazione di negazione di diritti.
Come sempre più spesso, ancora una volta sta ai lavoratori trovare nelle proprie fila le energie di risollevare le proprie sorti, non delegare ai politicanti e dirigenti sindacali la difesa e sopratutto la conquista di diritti e rispetto della propria salute e necessità di una vita dignitosa.