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finalmente uno

S C I O P E R O G E N E R A L E

e poi?

Perché si fa uno sciopero generale? Perché in un paese i salari dei lavoratori sono fra i più bassi d’Europa, con un potere d’acquisto che diminuisce giorno dopo giorno. Perché la politica industriale ed economica va avanti solo grazie ad incentivi statali, delocalizzazioni e ricatti padronali. Perché il lavoro diventa sempre più precario e pesante per chi “fortunato” ce l’ha e sempre più lontano e ricattabile per chi è disoccupato in balia del volere degli amici degli amici, di mafie, massonerie, parrocchie e segreterie varie.

Uno sciopero generale serve a dare una scossa alla battaglia sindacale, serve a dare più voce ai lavoratori, più forza alle lotte. Questo significa anche dare forza al sindacato, ma quando esso rappresenta i diritti della classe lavoratrice. Anche quando sbaglia! E di sbagli il sindacalismo in Italia ne ha fatti tanti. La prova sta nel fallimento di quindici anni di politica della concertazione che ha eroso diritti e ha fatto diventare più forti i padroni, provocando una debolezza senza precedenti della classe operaia, una precarietà del lavoro, ed una delegittimazione delle lotte sindacali. Anche grazie ad alcuni burocrati sindacali complici del padronato. Forse in questo la CIGL può dimostrare una superiorità sindacale e morale rispetto agli altri confederali? La risposta è molto complessa e sta solo in quello che si riuscirà veramente a dare ai lavoratori: nuovi ammortizzatori sociali, certezze per il futuro, conflittualità e dignità. Due euro in più in busta paga e qualche posto a tempo indeterminato in più sul lavoro, anche se dovesse costare la poltrona a qualcuno. A chiacchiere stiamo a zero! Ed è ora che le esigenze e la fiducia della classe operaia non vengano più sacrificare in nome delle compatibilità padronali, governative e… di comparto.

Questo sciopero generale è importantissimo, ma solo se si ha la consapevolezza delle due opposte e differenti strade che può prendere, l’una escludente dell’altra. Se è uno strumento di conflittualità verso un governo fra i peggiori della storia repubblicana ed è contro una classe padronale parassitaria e buona solo a speculare – male del resto – in finanza, allora ha un senso. E può ricollegarsi alle tante lotte in corso nel paese, a partire anche dalle istanze giuste portate avanti del debole sindacalismo di base nello sciopero generale di appena un mese fa, ricucendo nei fatti il fronte della base operaia della difesa sindacale dei diritti sociali. Al contrario può essere uno strumento dei dirigenti, della nomenclatura, dei signori della tessera che stanno giocando un gioco pericoloso con i diritti dei lavoratori e che sono fra i primi responsabili dell’arroganza padronale dominante.

Noi pensiamo che questo sciopero generale può essere uno strumento per ridare voce alle lavoratrici e ai lavoratori, per gettare con forza su tutti i tavoli delle trattative le istanze della classe operaia, di una società più giusta e solidale. C’è una guerra sociale e di classe in corso, finora è stata condotta dai padroni rubandoci il futuro ed il presente. E’ ora di ridare dignità alla lotta sindacale come strumento di conquista ed emancipazione della classe lavoratrice.

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1°MAGGIO volantino

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antimilitarista antinucleare volantino

che tempi!

Nelle ultime settimane sono accaduti fatti che la storia ricorderà per la loro vicinanza e gravità. La rivolta dei popoli nordafricani e del M.O. (Egitto,Libia,Tunisia, Yemen, Marocco…),stanchi della fame,della miseria e della disoccupazione cui erano sottoposti dai loro regimi dittatoriali sostenuti dall’Occidente. Il terremoto (e lo tsunami) che ha colpito il Giappone: uno dei paesi più industrializzati e avanzati tecnologicamente ,ora in ginocchio e a rischio di un ecatombe nucleare per le scorie radioattive riversate nell’aria, in aria e nel suolo. Ed infine la guerra contro la Libia, sempre per motivi umanitari (come cento anni fa), ed anche per il petrolio, per la concorrenza finanziaria di Gheddafi, per il mercato, etc. Di fronte a tutti questi fatti i governanti del bel paese non stanno certo a guardare.


La sicurezza nucleare. Il governo Berlusconi (sostenuto anche da alcuni “intellettuali” molto in vista),afferma con vigore che l’Italia (paese ad alto rischio sismico) continuerà il suo programma che prevede l’apertura di centrali nucleari nei prossimi anni senza aver ancora risolto i problemi di stoccaggio delle scorie radioattive tuttora “vaganti” nel territorio, e con una classe politica ed imprenditoriale incapace di gestire un nubifragio, un terremoto, una frana. Del resto a loro parlare di sicurezza significa: “Non può succedere da noi, e poi abbiamo tante centrali nei paesi confinanti…”. Una buona impostazione per giustificare il ritorno al nucleare senza dire le speculazioni che si celano dietro. Buon gioco in una memoria troppo corta che non ricorda i disastri di Chernobyl di 25 anni fa, che ancora oggi pesano sulla salute. E poi alla fine bisogna fidarsi di questo nucleare se i politicanti berlusconiani (e non solo) ci dicono che è sicuro. Loro di sicurezza se ne intendono: per prendere i voti quando c’è da sbandierare la sicurezza contro i rom o gli stranieri, o per voltare la faccia quando la sicurezza mancata ammazza quotidianamente sul posto di lavoro.


Guerra e rivolte. Dopo essere stati sostenuti dall’Occidente per decenni, i dittatori arabi e mediorientali cominciano a dare fastidio. Forse perché hanno accumulato troppi soldi a danno dei loro popoli e finanziariamente cominciano ad essere dei concorrenti scomodi per le corporation occidentali. O forse sempre per il solito petrolio, per il mercato… o un po’ per tutto questo. No di certo per la pace, la giustizia sociale, la libertà e la democrazia che non si possono esportare con bombardamenti (Iraq ed Afghanistan fanno testo). Ciò nonostante un altro fronte di guerra si è aperto per l’Occidente e per l’Italia riaffermando la logica della diplomazia fatta con i bombardamenti (chirurgici e che ammazzano solo un pochino e mai i civili), traffici d’armi, distruzioni, tagli allo stato sociale: sanità, scuola, servizi, trasporti, etc. La dignità degli uomini e delle donne che hanno manifestato in queste settimane in Nord-Africa e nel Medio-Oriente dimostra come i popoli riescano ad essere più pacifici di chi li governa, riescono ad organizzarsi meglio quando non c’è l’autorità, e soprattutto urlano la loro voglia di dignità e libertà che noi in Occidente dovremmo riprendere, allargare, sostenere, diffondere per cacciare i nostri dittatorelli locali.


Prendiamo esempio dalle lotte pacifiche che hanno cacciato Ben Alì e Mubarak per cacciare Berlusconi, per ridare legittimità ad una politica fatta dal basso e non dalle segreterie di partito o opposizioni in cerca di poltrone. Prendiamo esempio da chi lotta per dire no alla guerra e alle spese militari, no al nucleare e all’affarismo fatto sulla salute dei cittadini. In piazza, ora!

NO ALLA GUERRA, AL NUCLEARE, E AI POLITICI CORROTTI!

FAI – Federazione Anarchica Italiana. sez. “M. Bakunin” – Jesi, sez. “F. Ferrer » – Chiaravalle

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presentazione libro volantino

Nell’attuale disputa sulla questione morale che vede i detentori di verità assolute asserviti alla Ragion di Stato (vaticana), il libro denuncia la millenaria ambiguità della Chiesa di Roma, fautrice di una morale a corrente alternata, tenacemente impegnata a maneggiare le chiavi del potere mentre promette quelle del Paradiso. In costante crescita è l’ingerenza del Vaticano nella sfera pubblica e il proposito di imporre il suo imprimatur alle istituzioni di ogni ordine e grado, al punto che persino il rifiuto dell’UE di menzionare nella Costituzione europea le “radici cristiane”, ripetutamente rivendicate dai due pontefici Wojtyla e Ratzinger, sarebbe il segno della perdita da parte del continente della propria identità. Nell’indagare queste pressioni l’autore spiega come nei secoli l’affermazione in Occidente della moderna concezione laica e democratica dello Stato abbia coinciso con la manifesta e incessante opposizione delle gerarchie cattoliche. Dalla sovranità popolare alla separazione dei poteri, dallo Stato di diritto al principio di tolleranza fino alla libertà della scienza: la modernità in Europa ha emarginato le pretese teocratiche della Chiesa di Roma.