Sui fatti di Roma
L’arroganza e la prevaricazione con cui il premier ha annunciato il varo dei decreti attuativi per il Job Act dovrebbe fare alzare più voci di protesta che non il vandalismo di un branco di Hoolingans o le minacce bellicistiche dei signori della guerra del Sud del Mediterraneo.
Il premier gioisce per la scomparsa dell’Articolo 18 dello statuto dei lavoratori, conquistato con le lotte e strumento di garanzia di diritti lavorativi, mentre il “suo” (in realtà è farina del sacco del padronato italiano) Job Act allargherà solo sfruttamento e miseria.
L’ex-sindaco fiorentino parla di rendite di posizione eliminate. Quali? Quelle di banchieri, baroni, notai, burocrati e faccendieri vari? Queste non le ha toccate nessuno. Ed intanto continua la menzogna che la facilità di licenziamento permetterebbe la facilità di impiego, in una guerra però fra schiavi disposti a gareggiare fra loro per chiedere di meno al padrone di turno. Gli investimenti dovrebbero essere favoriti dalla facilità di licenziamento e da un precariato a vita? E quale fine economista ha affermato ciò, dimenticando la lotta all’evasione fiscale, alla corruzione, alla concussione, al nepotismo e al clientelismo?
E intanto il premier gioisce. Che avrà da ridere in un paese dove fra i morti sul lavoro si iniziano a contare anche quelli dovuti a suicidio causa la disoccupazione, il licenziamento, il precariato. Sono circa 900 all’anno. Gli Hoolingans, quelli veri, non stanno a Piazza di Spagna o sulle sponde del Mediterraneo.